Già
da un po’ di tempo avevo deciso di non morire. Troppe cose interessanti ci sono
nel mondo, pensavo, troppe curiosità che ho bisogno ancora di togliere dai miei
pensieri, non posso lasciare che una cosa così stupida eviti il compimento dei
miei percorsi. Ma poi qualcuno degli altri con i quali siamo rinchiusi qua
dentro, mi ha fatto capire che probabilmente non usciremo mai più da questa
clinica, ed io anche se non ci ho creduto, poco per volta, senza affannarmi, ho
cominciato a cambiare la mia idea.
La
cosa che non sopporto di questo posto, è che ci sono le mosche. Gli infermieri
mi fanno tre iniezioni ogni giorno, per farmi stare tranquillo, mi dicono. Ed
io dormo bene, sono contento, specialmente la notte. Ma quando mi sveglio al
mattino ecco che avverto subito il ronzio tipico della mosca che avanza verso
di me. Mi copro la faccia con tutto il lenzuolo, ma c’è poco da fare.
Gli
infermieri non sono cattivi, svolgono soltanto il loro mestiere, penso, però
sembra proprio che a loro le mosche non diano neanche noia, come non ci fossero
neppure. Perché non parli, mi chiedono quasi ogni giorno, ma io continuo a
mugugnare qualcosa tra me e basta, che senso avrebbero le mie parole nello
spiegare a questa gente la mia decisione di lasciarmi alla morte? Passeggio nel
corridoio, e le mosche sono lì, che si scaldano al sole vicino alla vetrata. A
volte mi chiedo come abbiano fatto ad entrare, visto che ci sono delle
inferriate robuste alle finestre, ma poi lascio perdere, troppe domande non
serviranno mai a niente.
Adesso
non so quando riuscirò a morire veramente, penso, considerato che comunque mi
sento ben convinto di ciò che ho deciso, però credo che quando uno rinuncia a
qualcosa, è normale poi che ci voglia del tempo prima che le cose si mettano in
pari. Ma intanto queste mosche non si risparmiano, e volano, ronzano, sembra
non abbiano altro da fare. Io ho trovato un giornale, l’ho arrotolato e penso
che potrei utilizzarlo per scacciarle.
L’infermiere
mi sistema nel letto, mi fa l’iniezione come sempre, guarda il giornale che mi
sono messo accanto e mi chiede se abbia voglia di leggere prima di prendere
sonno. Può darsi, penso senza rispondere niente, ma l’infermiere credo capisca
ugualmente anche se non ho detto nulla, difatti sorride e va via, ad occuparsi
degli altri. Poi mi addormento.
Quando
mi sveglio sento le mosche che ronzano, allungo una mano, prendo il giornale e
subito ne schiaccio una contro il muro accanto al mio letto, poi un’altra sulla
coperta, e vado avanti, ormai non posso più fermare il mio impeto. Arriva l’infermiere,
io mi agito ormai in piedi sul letto, ho deciso di morire, gli dico ridendo e a
voce alta, voglio fare la stessa fine di queste mosche. L’infermiere mi prende
per le spalle, mi sistema seduto sul letto, mi racconta qualcosa che non
capisco, ma lo fa con voce garbata, come raccontasse una favola, e a me pare quasi
che quelle mosche schiacciate, che adesso non infastidiscono più,
all’improvviso riprendano vita, e volino via, tutte insieme, a curiosare fuori
da qui, tra le cose del mondo, e in un attimo, in contraddizione evidente con
quanto pensavo fino adesso, ne sono perfino contento.
Bruno
Magnolfi
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