Mi sono messo seduto
da solo nella saletta del bar, come al solito a quest’ora, ad attendere
l’arrivo degli altri ragazzi per la partita alle carte come ogni pomeriggio. Mi
piace arrivare per primo qua dentro, mi sembra di poter dominare in qualche
maniera i tavoli da gioco, ambientarmi nel locale per quanto possibile, e insomma
stare maggiormente a mio agio. Il barista mi conosce, come arrivo mi serve la solita
birra e mi lancia qualche battuta, poi lascia che io me ne stia per conto
proprio a sfogliare qualche giornale sportivo.
Così poco dopo arriva
un tipo mai visto prima, e mi fa: sei tu che dici in giro su di me delle cose
inventate? Io faccio di no con la testa, non ho mai visto prima quel tizio, non
è mia abitudine dire cose false. Ma lui non si da affatto per vinto, e insiste:
devi smetterla bello, dice con decisione, altrimenti sarà un grosso guaio per
te. Io non so che dirgli, mi scappa quasi da ridere per quella situazione
ridicola, ma riesco fortunatamente a restare serio e in silenzio.
Quello continua a guardarmi
fisso, si abbassa su di me e mi dà dei colpetti sul petto con la punta delle
sue grosse dita. Non sono quello che credi, fa, posso dimostrartelo in
qualsiasi momento. Non ho mai avuto problemi di alcun genere, non posso certo
lasciare adesso che una mezza cartuccia come te mi faccia montare su il
nervosismo. Perciò piantala, altrimenti ti succede qualcosa di brutto. Poi si
gira ed esce dalla saletta. Incrocio lo sguardo con il barista che sta
sistemando tazze e bicchieri senza preoccuparsi di altro, io mi muovo sulla mia
sedia e cerco di pensare a qualcosa che possa aver relazione con il tizio che
se n’è appena andato, quando quello ecco che torna. Credo abbia sbagliato
persona, penso, ma non so come dirglielo, anzi, siccome è la scusa più stupida
che si sia mai sentito, evito del tutto di spiegarmi con una cosa del genere.
Adesso lui non dice più
niente, però si piazza lì, da una parte, come volesse spiare i miei
comportamenti. Cerco di fingere indifferenza, ma non è facile, e i ragazzi
delle carte sembra che oggi non ne vogliano proprio sapere di venire a giocare
su questi tavoli. Allora finisco l’ultimo sorso di birra, mi alzo con calma e
vado verso il bancone, dove appoggio il bicchiere ormai vuoto. Ne vuoi
un’altra, dice il barista. Faccio di no con la testa, ma sento che il tipo mi
osserva, così non riesco neppure ad essere naturale, anche se non so cosa fare,
oltre a starmene lì a guardare qualcosa nel vuoto come un idiota.
Quello si muove, mi
passa vicino, si fa preparare un caffè e intanto mi osserva la nuca. Ho visto
di sfuggita che ha lo sguardo ancora più cattivo di prima, ed ho paura che
voglia fare qualcosa, così prego dentro di me che arrivi qualcuno per togliermi
da quell’imbarazzo. Il barista serve il caffè e si disinteressa di tutto, tanto
da andare a prendere dello zucchero nel magazzino sul retro. Penso qualcosa, ma
non sono convinto di niente. Alla fine mi giro, guardo dritto il mio uomo, ma
quello mi evita, si sposta con indifferenza su e giù, poi fa un gesto col
braccio, come a voler cancellare la mia presenza dal suo campo visivo.
Mi muovo, vado verso
la porta per vedere se stanno arrivando i ragazzi, e all’improvviso sento una
botta alla spalla sinistra. Mi volto di scatto, il tizio mi ha colpito con
qualcosa che tiene dentro una mano, poi mi scansa con una certa violenza ed
esce prima di me dal locale, come avesse una fretta improvvisa. Giunge uno dei
ragazzi per giocare alle carte, mi vede pallido, con l’espressione di chi non
ci capisce un bel niente. Non preoccuparti, mi dice; le cose in qualche maniera
si sistemeranno.
Bruno Magnolfi
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