venerdì 1 febbraio 2013

Incertezze sregolate (cortometraggio n. 2).


            

            Certe volte ho avuto la convinzione di conoscere perfettamente ciò che dovevo fare, come comportarmi, quali scelte adottare, e durante quelle volte nessuna indecisione è generalmente intervenuta ad interrompere le mie certezze. In altri casi invece è stato più difficile avere le idee chiare, e per quanto mi sia sforzata, difficilmente sono riuscita a capire come meglio comportarmi, e in altri ancora, in preda alla confusione, ho lasciato che tutto si risolvesse in modo autonomo, senza applicare affatto la mia volontà, sostanzialmente lasciando una funzione fondamentale all’eventualità e alla semplice concatenazione degli eventi.
            Con tutto questo adesso non so dire cosa sia stato meglio per me in queste differenti situazioni. Forse è stato sbagliato addirittura fin dall’inizio il riflettere esageratamente su molte di queste circostanze, lasciare approfondire la mia capacità o incapacità ad affrontare adeguatamente le giornate, indagare in modo estremo se esserne all’altezza oppure no, e via dicendo.
            Proseguo ad affrontare questi momenti e queste situazioni, a districare i segnali che spesso giungono da ogni parte, ma tutti i dati generalmente mi parlano di affanno, di difficoltà, di piccoli e grandi problemi spesso insormontabili. Così decido di andare avanti, anche se non so affatto cosa sia meglio per me. Spesso esco da casa e mi immergo in una passeggiata per le strade del quartiere al fine di svagarmi. Niente di particolare, attraverso sulle strisce pedonali, mi fermo quando sopraggiunge qualche automobile, o quando il semaforo per i passanti segnala il rosso, ed a volte mi trattengo ad osservare qualche vetrina di negozio, e in altri casi sorrido nei confronti di persone che conosco appena di vista, anche se nella maggioranza delle volte non incontro praticamente nessuno che io ricordi o che abbia già visto in precedenza.
            Poi vedo lui. Non che mi ritrovi di faccia alla sua presenza, ma è come se sentissi che lui è lì, da qualche parte, lo percepisco con chiarezza, come una bella giornata di sole, oppure proprio come se andassi incontro alle prime ombre della sera. C’è, è qui da qualche parte, e anche se non lo cerco mi sento come circondata dalla sua presenza. Mi corre un brivido lungo la schiena, forse vorrei affrettare il passo, spingermi in avanti fino a scoprire il punto esatto dove ne vedrò tutta l’espressione, potrò studiarne il modo di camminare, il portamento, accorgermi di come stia sempre con le mani in tasca e con la mente svagata, quasi distante, via da questi luoghi, assumendo il comportamento di una persona che mal digerisce il traffico e la confusione.
            Proseguo a passeggiare, sorrido, mi osservo specchiata dentro a una vetrina, vorrei apparire bella, in piena forma, anche se so che non è così. Un uomo mi nota, non è lui, però mi guarda, forse vorrebbe dirmi qualche cosa, ma io lo evito, non mi piacciono gli sfacciati, quelli che approfittano subito di una combinazione. Però mi fermo, volto le spalle per non dare importanza, guardo qualcosa nella mia borsetta, lascio che l’uomo maturi qualcosa da dire, un’espressione qualsiasi che mi lasci sorridere, ma quello non fa niente, e allora mi allontano.
            Rientro, so ancora che lui è là, da qualche parte, ne ho avvertita fino adesso la presenza, ma non mi importa affatto: deve cercarmi, penso, lo deve fare con convinzione, con impegno, testardamente, se davvero vuol riuscire ad avermi. Gli concederò qualche possibilità, credo, resterò in silenzio qualche volta, come ad attendere le sue parole, e lascerò che mi guardi, che studi i miei lineamenti, che capisca bene quanto siano flebili le mie convinzioni: oggi sarò innamorata di lui, forse; domani, non lo so, sarà tutto da scoprire.

            Bruno Magnolfi

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