Un
uomo, seduto davanti ad un bar di paese, mi osserva senza interesse mentre
percorro lentamente con la mia automobile la strada provinciale che attraversa
quel gruppo di case e passa praticamente davanti ai suoi piedi. Sta lì, nel
caldo estivo e indolente del primo pomeriggio, la tazzina di caffè già
consumato sul piano del tavolino accanto a sé, le braccia a riposo, lo sguardo
quasi perso nel niente. Rallento, accosto la macchina, mi fermo, scendo con
flemma, torno indietro di quei pochi passi fino all’entrata del bar.
Buongiorno,
dico all’uomo da solo che sta evitando di guardarmi in modo diretto; lui allora
mi concede una sbirciata con un minimo di cura, è sicuro che non mi conosce,
forse non gli resto neppure troppo simpatico, penso, però bofonchia qualcosa pressoché
incomprensibile come fosse un saluto. Posso offrirle un caffè, magari mentre ne
prendo uno anche io, gli fo. Va bene, dice lui, e il cameriere incuriosito che
guarda giusto in quell’attimo verso di me per valutare quali intenzioni io
abbia, mette subito sotto pressione la macchina e procede al volo con il suo
lavoro.
Mi
siedo dalla parte opposta del tavolino e assieme, io e l’uomo, guardiamo la
strada praticamente deserta a quell’ora calda e un po’ uggiosa. Chissà quante
cose sono successe lungo questa via, proprio davanti a queste case, fo io tanto
per cercare di parlare. Lui annuisce, ma prosegue a restare in silenzio.
Qualcosa è successo, dice alla fine, ma non è di alcun interesse pensare troppo
a cose del genere, avvenute non so neanche più quanti anni fa. Una ragazza
attraversava la strada, un giorno, sorridente, quasi di corsa, giusto per
fermare me e il mio amico, non avevamo neppure vent’anni a quell’epoca, e poi
dava un bacio frettoloso al mio amico, per poi andarsene, frettolosamente, nella
stessa maniera come era arrivata.
La
conoscevamo di vista, ma non ci avevamo parlato neppure una volta; rimanemmo di
stucco, incapaci di proseguire con le nostre cose come se nulla fosse successo.
Nei giorni seguenti non accadde un bel niente, il mio amico era troppo timido
per andare a cercarla o chiederle qualcosa incontrandola magari per caso. Così
in seguito lei si era trovata un fidanzato e quel suo gesto era rimasto senza
alcun seguito. Certe volte mi chiedo cosa avrei fatto io se fosse accaduta a me
la medesima cosa. Lei era bella, la più bella di tutte le ragazze della nostra
età, e il suo sorriso metteva quasi soggezione, ma io credo avrei superato
qualsiasi timore, e sarei andato da lei, le avrei parlato, avrei cercato in
ogni caso di dare un seguito a quella faccenda.
Arrivano
i caffè, mettiamo lo zucchero, giriamo nelle tazzine con i cucchiaini. Va bene,
dico io, però non si può vivere soltanto di rimpianti, mentre mi porto alla
bocca il primo piccolo sorso caldo e cremoso. Lo so, dice lui, ma poi non è
successo più niente di buono, soltanto le solite cose che si possono immaginare
con facilità. Beve il suo caffè guardando ancora la polvere sopra la strada,
poi appoggia la tazzina sul tavolino, e dice ancora: non me ne importava un bel
niente di quella ragazza, ma sapere che la mia vita avrebbe potuto prendere un
svolta diversa, questo si che mi interessava, anche se all’epoca non lo sapevo
neppure, non immaginavo che forse poteva essere quella la mia buona occasione.
Infine si alza, mi ringrazia con un saluto appena accennato, quindi, senza un
briciolo di fretta, se ne va. Attraversa la strada e fatti pochi passi entra
dentro un portone sparendo alla vista.
Rifletto un momento su quanto mi
ha detto, mi sembra davvero quasi incredibile rimanere ancorati ad un ricordo
del genere, poi però lascio i soldi dei caffè al cameriere, mi alzo da quella
sedia di plastica e riprendo per la mia strada. Adesso mi pare di vederla
quella ragazza, mi fa quasi star male non essere stato lì, esattamente in quel
momento, così mi fermo e mi volto; forse, in qualche maniera, penso tra me, la sto
proprio cercando.
Bruno
Magnolfi
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