Certe
volte mi metto qui, seduta, quasi senza pensieri. Osservo i colori del
tramonto, mi meraviglio delle sue sfumature, e lascio che la prima sera mi
sollevi da questa panchina e mi porti via con sé, quasi con naturalezza.
Rientro a casa come alleggerita della mia solitudine, praticamente soddisfatta
per aver partecipato come spettatrice a questa manifestazione di natura, e
d’improvviso, salendo i gradini del palazzo dove abito, mi sento bene, pronta ad
affrontare le piccole cose ordinarie e qualche volta pesanti da cui sono
circondata.
La
mia vicina di pianerottolo spesso mi osserva rientrare dalla sua finestra: non
dice niente, si limita a salutarmi sempre nella medesima maniera quando mi
incontra. Non esprime mai un giudizio sui miei comportamenti, non allunga mai
una parola in più, ma io so benissimo che non è d’accordo su come io affronto
le giornate. Una volta la settimana pulisco le scale del nostro condominio, e gli
altri giorni, rigorosamente durante la mattina, vado a fare la stessa cosa in
altre palazzine del quartiere. In tanti mi salutano e parlano con me, credo di
essere piuttosto benvoluta da tutti coloro che mi conoscono e mi vedono sempre
indaffarata.
Buongiorno,
mi dice al contrario la vicina senza alcuna enfasi. Lei spazza la soglia del
suo portoncino, scuote la stuoia che usa per pulirsi la suola delle scarpe,
osserva il corrimano per vedere se c’è sopra ancora della polvere, o se qualche
cicca di sigaretta sia rimasta in un angolo tra due gradini. Buongiorno, le
rispondo, e al pomeriggio vado come sempre ai giardinetti poco distanti, a
mettermi seduta per un’ora a leggere qualcosa, e ad aspettare che la sera mi
regali di nuovo i suoi colori, fino a poco prima che la luce inizi a
scarseggiare.
Lei
mi osserva dalla sua finestra, forse anche da lontano mentre resto seduta alla
panchina: immagina qualcosa di me che non riesco a togliere dalla sua mente,
neppure cercando di fare tutto quanto al meglio che posso. Lei vuole mostrarmi
che mi guarda, ed il suo sguardo è giudicante, anche se non si permette mai di
dire una parola su di me, o sul mio lavoro.
Vado
avanti a fare la vita di sempre, però mi logoro ad incontrarla sulle scale o
sulla strada davanti al nostro condominio, ed ultimamente ha iniziato a darmi
fastidio anche il suo saluto, così privo di accenti, come un verso o un gesto ripetuto
meccanicamente, che non dice alcunché dei suoi pensieri. Certe volte vorrei affrontarla, chiederle cosa
ci sia che non va, piangere con disperazione di fronte a lei e mostrarmi
debole, pronta a contentarla se mai ci fosse questa possibilità. Invece tutto
va avanti ogni giorno come sempre.
La
ripetizione dei gesti e dei comportamenti mi sta portando verso un punto di
saturazione, però dico sempre dentro di me che devo resistere, devo cercare di
fare in maniera che tutto questo risulti qualcosa che mi è estraneo. A volte
penso che dovrei allontanarmi da tutto, prendere per strada e andare dritta,
senza voltarmi, e tornare indietro solo dopo che qualcuno avrà iniziato a
notare la mia assenza. Non provo odio per la mia vicina, però farei di tutto
per ottenere che il suo sguardo mi evitasse, che andasse a posarsi su una qualsiasi
altra persona. Stasera l’ho guardata fissa mentre mi guardava: mi sono messa a
ridere, e poi ho tirato dritto. Farò così d’ora in avanti, mi sforzerò di
divertirmi dei suoi comportamenti, come di un clown sulla pista del circo.
Bruno
Magnolfi
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