Le
strade del quartiere sono quelle di sempre, inutile percorrerle sperando di
trovarvi qualcosa di nuovo. Teresa sa di essere anziana, ma continua a
camminare ugualmente, osservando le poche persone che incontra sui marciapiedi,
il suo giro ormai è praticamente dettato da un semplice automatismo, e da
quando il medico le ha quasi imposto di farsi quella camminata ogni pomeriggio
per almeno un’ora, lei ha percorso praticamente tutti i tracciati possibili
attorno alla sua abitazione, anche se tutto questo affannarsi certe volte le appare
insulso e persino un po’ inutile. Va avanti comunque, evitando addirittura di rifletterci
troppo, e passa e ripassa dai medesimi posti, osserva i portoni chiusi dei
condomini, i vecchi muri coperti di scritte assurde e perlopiù incomprensibili,
i platani immobili lungo il viale, e tira diritto anche se incrocia ogni tanto
qualcuno che conosce almeno di vista: lascia un saluto, certo, a volte un
sorriso, ma poi va avanti senza scambiare neppure una parola, perché il medico le
ha detto che non deve interrompersi, deve mantenere costante quel ritmo del
passo.
Teresa
cammina, va avanti a compiere i giri di sempre, ma un uomo la ferma, le chiede
qualcosa, lei non porta mai con sé la sua borsa, alla sua età sa che qualcuno
potrebbe cercare di strappargliela, ma quello insiste con strani discorsi, poi
la spinge contro un portone, le assesta uno schiaffo, dice che vuole i suoi soldi
e che non gli importa se lei non ne ha: andiamo assieme fino al tuo
appartamento, le dice in modo violento, e intanto di nascosto le mostra un
coltello. Teresa piange, ha paura, abbassa la testa, dice va bene, si avvia
verso casa con l’uomo al suo fianco, ma intanto si guarda attorno, cerca un possibile
aiuto da qualcuno che forse conosce, ma tutti adesso tirano dritto, non la
notano neanche, e poi sanno che con lei non ci si deve neppure fermare.
I
due arrivano così davanti al portone del suo condominio, Teresa apre alla
svelta con la sua chiave, dice all’uomo che può aspettarla dabbasso, se vuole, lei
andrà a prendere quello che ha dentro casa, e tornerà subito, ma l’uomo non si
fida, le va dietro, entra anche lui in malo modo nel piccolo appartamento del
primo piano; e all’improvviso, una volta ormai dentro casa, lei si rivolta: vai
via, gli dice fissandolo dura con determinazione; guarda dove abito, lo vedi da
te che non posso aver soldi, ho soltanto qualche ricordo che per me ha un
valore molto maggiore di quello che tu potresti farti pagare. Potrei essere la
tua mamma, gli dice, e tu appena uscito da qui con le mie povere cose, potresti
pentirti profondamente di quello che hai fatto, anche se sarebbe ormai tardi, e
non riusciresti più a tornartene indietro.
L’uomo
resta immobile, forse un filo leggero di vergogna lo attraversa, e allora cerca
di dire semplicemente che è disperato, che non sa più come fare per mangiare
qualcosa, e se è arrivato a quel punto è soltanto perché non trova altre
strade. Teresa lo guarda, si rende conto che ciò che dice è la verità, così alla
fine tira fuori da un cassetto un ciondolo d’oro: ecco gli dice, posso darti
questo, non è legato a niente della mia vita, ma a te può esserti utile.
All’uomo gli si riempiono gli occhi di lacrime, dice che forse adesso non
vorrebbe neppure accettare, ma alla fine lo prende, si gira, non sa proprio
come accomiatarsi a quel punto, se ringraziarla o se correre via, perché ormai si
sente del tutto confuso; mi scusi, dice soltanto alla fine: certe volte sembra
di vivere soltanto in mezzo ad un mondo schifoso, ma in altri casi si comprende
che non è sempre così.
Bruno
Magnolfi
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