Sto
seduto da solo ad un tavolino di questo locale, bevendo una birra che mi ha
servito da poco il cameriere, ma ho la sensazione, in mezzo ai tanti clienti
che sono qui per passare il tempo, salutarsi, giocare al biliardo e offrirsi
reciprocamente caffè ed altre bevute di qualsiasi tipo, di essere regolarmente
osservato da molti, qualcuno di loro addirittura indicando di nascosto nella
mia direzione, e insomma fatto oggetto di occhiate e attenzioni. Evito per
qualche minuto di guardarmi troppo in giro, come mostrando un distacco, e mi
concentro per questo sul mio bicchiere e su un taccuino in cui tengo annotati i
miei numeri di telefono, ma la sensazione che qualche individuo qua dentro continui
a scrutare ogni mio minimo movimento non mi abbandona neppure per un istante. Attendo
ancora impassibile, mostrando un certo distacco nei confronti di tutti quei
piccoli gesti e ammiccamenti nei miei confronti che immagino si perpetuino tra
questa gente, poi mi alzo dalla sedia come per cercare qualcosa dentro una
tasca: una matita, un foglio di carta, non so neppure io; e durante questa ricerca
guardo un passante, come fingendo di aver riconosciuto qualcuno che sta
casualmente transitando sul marciapiede, affinando la vista attraverso la
grande vetrata accanto al mio tavolo; poi torno a sedermi. Per un attimo cerco
di capire se forse ho graffiato un’auto parcheggiando sbadatamente la mia, come
peraltro in alcune occasioni è già accaduto, ma oggi sono arrivato fin qui semplicemente
a piedi, e quindi niente del genere può essere successo.
Un
uomo serio e ben vestito si avvicina verso di me muovendosi trasversalmente in
mezzo alle tante persone, mi osserva con intensità soffermandosi per un
lunghissimo attimo, infine va a sedersi insieme a degli altri. Forse dovrei
andarmene subito da qui, penso; pagare velocemente la mia consumazione e
guadagnare l’uscita cercando il più possibile di non essere notato. Raggiungere
la strada, perciò, e sparire il più in fretta possibile, evitando persino di
voltami indietro; ma qualcosa mi trattiene ancora: è come se preferissi
osservare negli occhi questi oscuri individui che mi tengono costantemente
sotto il tiro dei loro sguardi, delle attenzioni precise che continuano a
mostrare per ogni mio pur minimo movimento, piuttosto che fingere di non
essermi accorto di nulla. All’improvviso mi sento la fronte imperlata di
sudore, qualcuno penso addirittura che rida delle mie difficoltà, di queste mie
evidenti incertezze. Continuo a cercare di fingere indifferenza, ma so per
certo che ormai tutto si sta complicando, e anche se non comprendo con
precisione da chi debba difendermi e soprattutto per cosa, sono convinto però
che il mio futuro, da ora in avanti, sarà differente, e che qualcosa di
importante sta accadendo proprio qui, accanto a me.
Infine
sto male, mi alzo, devo per forza andarmene in bagno, raggiungere quella
piccola porta che si apre sul fondo di questo locale: barcollo leggermente tra
gli altri tavoli, penso che potrei addirittura lasciarmi cadere in qualche modo
lungo questo pavimento, ma cerco di tenere duro, alla faccia di tutti, e mi
sento quasi sicuro di poter mostrare loro di che pasta son fatto. Proseguo
perciò, do compimento ad ogni mio piccolo gesto, mostro coerenza, posso
raggiungere poco per volta ogni obiettivo che mi prefiggo, penso, ed alla fine,
rimasto per un attimo da solo nella piccola stanza del bagno, mi guardo allo
specchio, mi passo un po’ d’acqua sopra la faccia, ed ho la completa certezza
che adesso potrò uscire definitivamente e senza voltarmi da questo locale, e che
in questa maniera sarò anche sicuro di aver voltato una pagina importante, in
mezzo a questa difficile congiuntura.
Bruno
Magnolfi
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