Sto
bene dentro a questo sacco. Lascio sporgere appena la mia testa, e ogni tanto
apro gli occhi per guardare avanti a me, verso l’inizio di questo vicolo, dove
transita la strada principale, sempre affollata di gente e di macchine. Prima o
dopo qualcuno mi scoprirà, mi pare evidente. Intanto resto qui a godermi questo
posto. Da quando il laboratorio artigianale alle mie spalle ha chiuso, da qui
non passa più nessuno, solo qualche gatto rognoso che non sa proprio dove altro
andare. Io li odio i gatti, sono soltanto animali opportunisti, e basta.
Lo
so che io sono un vagabondo: ormai non cerco più neanche un lavoro, mi trascino
di qua e di là e vado sempre a mangiare alla mensa dei poveri. Però questo
posto è magico, mi rannicchio qua sotto la tettoia e mi sento subito in
sintonia con tutta quanta la città, tanto provo piacere a stare in questo
angolo. Forse dovrei fare un programma, avere un progetto, un’idea che mi porti
fuori da questa situazione, ma la mia testa è vuota adesso, non riesco neppure a
concentrarmi.
Mi
metto in piedi, riassetto le mie cose, arrivo fino all’angolo della strada, e resto
per un po’ a guardare la gente che corre e tutto il resto. Poi torno indietro,
scorro lungo le vetrate opache del laboratorio, infine trovo un finestrone che
cede. Scavalco il muretto ed entro dentro. Ci sono rimasti alcuni macchinari
polverosi in questi ambienti, il resto è silenzio ed abbandono, anche se tutto
ancora parla di lavoro e di cose di cui occuparsi. Mi vengono quasi i brividi a
rimanere qui, molto meglio per me tornare fuori ed infilami di nuovo nel mio
sacco.
Riaccosto a
dovere il finestrone e vado verso la mia roba. Adesso c’è un gatto rognoso che
annusa qualcosa dalle mie parti. Vorrei assestargli una pedata, ma non ne vale
neanche la pena, così lascio che se ne vada per conto proprio, appena mi
avvicino. Certo, non posso continuare a lungo in questa maniera, devo pensare
qualcosa da inventarmi, ma è come se non ci riuscissi, come se un’inerzia
infinita mi trattenesse dal riflettere qualsiasi cosa diversa da questo
lasciarmi andare steso dentro al sacco, sotto la tettoia.
In fondo a
cosa servirebbe tutto questo, penso; questo darsi da fare, intendo, andare in
giro, parlare con tutti assumendo un’espressione sorridente, chiedere qualcosa
senza farlo mai pesare, far finta di essere adeguato, capace, e così via. Molto
meglio gironzolare senza scopo qua d’attorno, annusare le mie cose, sdraiarmi
ad occhi chiusi per un po’, e non pensare niente, nient’altro che queste
riflessioni. Se non fosse per i gatti forse sarei addirittura contento delle
mie giornate, ma quelli hanno il potere di mettersi sempre di mezzo a rovinarti
le cose già solo con la loro presenza.
Faccio di
tutto per tenerli a debita distanza, ma quei rognosi paiono rincorrermi, come
se dentro di me ci fosse il potere di attirarli. A loro non importa un fico di
niente e di nessuno, è evidente, riescono soltanto ad approfittare di tutto ciò
di cui hanno bisogno. Ne ammazzerò qualcuno, uno di questi giorni, soltanto prendendolo a pedate, giusto per
fargli capire che non si può essere cosi come sono tutti loro. Gliela farò
pagare, ne sono più che convinto, e anche loro devono sentirsi ben certi che andrà
esattamente in questo modo.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento