L'immagine non è molto nitida. Lei appare raffigurata di fianco, seduta,
china sul tavolo illuminato da una lampada fioca; forse sta scrivendo qualcosa,
o magari sottolinea una parola o una frase importante che ha appena finito di
leggere. A dire il vero, quella che tiene nella mano destra potrebbe
addirittura essere una matita, e lei potrebbe tentare, come altre volte ha fatto,
di dare forma ad un disegno che in seguito magari completerà con dei piccoli
pennelli e dei colori. Probabilmente, da quello che si riesce a vedere, anche il
resto della stanza in cui è immersa in quella penombra è essenziale, proprio come
la sua figura, persino priva di inutili elementi di decoro.
Ora, si sa che spesso lei scende le scale del suo appartamento, e certe
volte va a trascorrere un'ora nella saletta di un caffè lì vicino, insieme ad
una sua amica. Oggi le ha raccontato di un sogno, giusto poco prima, quando si
sono viste in quel locale; un sogno di molti anni addietro, ma che lei non ha
mai dimenticato, quasi come fosse una cosa preziosa, da conservare.
Spesso lei scrive o disegna i fatti che cerca di tenere a memoria, perché la
sua vera paura è che tutto di sé all’improvviso svanisca, evapori, proprio come
fosse qualcosa che praticamente non è
mai accaduto. Però è anche vero che molto spesso le sue descrizioni le prendono
un po’ la mano, e nello stesso momento in cui le sue parole finiscono sopra la
carta, ecco che qualcosa inizia magicamente a cambiare, come se una nuova realtà
stesse cercando di sovrapporsi a quell’altra.
Lei in questi casi sorride, prosegue comunque con il suo intento, forse
aggiunge anche dei disegni alle sue frasi, tanto per cercare di essere ancora più
esplicativa, ma spesso quella fedeltà con la memoria che lei vorrebbe tanto,
sembra subdolamente annullarsi, lasciando variare direttamente in lei stessa,
poco per volta ma sensibilmente, proprio quei suoi ricordi.
La sua amica leggendo quella pagina di diario che riguarda il suo sogno, le
ha detto che qualcosa sembra diverso rispetto al racconto che ne ha fatto a
voce, e lei si è come risentita, innervosendosi, tanto da voler cambiare
argomento: forse non dovevo proprio parlarti di queste cose, le ha detto secca.
Ma quando poi è tornata da sola nel suo appartamento, non ha potuto fare a meno
di ripensare a quanto era successo.
Un sogno è qualcosa che appartiene alla tua intimità più profonda, ha
pensato. Non se ne può cambiare il senso soltanto perché le parole mal si
adattano alla sua descrizione. Chi possiamo mai essere, se non proprio le cose
che abbiamo dentro, ciò che più fortemente di tutto il resto abbiamo pensato,
desiderato, sperato, tanto da renderle figurate e illuminanti persino durante
il nostro sonno, quando la nostra mente è del tutto autonoma.
Poi ha ripreso la sua posizione seduta davanti a quel tavolo: alcune carte
davanti, il libro iniziato, la matita, gli utensili di ogni giorno per cercare di
essere maggiormente se stessa. Ha tracciato un percorso, una linea contorta e
complessa la cui decifrazione forse non riesce a portare la mente da alcuna
parte. Ed infine è rimasta così, perplessa, piena di dubbi.
Poi la sua immagine si è fatta più chiara; maggiore luce è come arrivata
dalla finestra, il bianco dei fogli ha mostrato ciò che c’era ancora da fare,
lei si è scossa, ha ripreso il lavoro iniziato, ha ripensato a quanto aveva
cercato di fare fino ad allora, ed infine si è soffermata di nuovo sul suo
vecchio sogno: ma ha deciso in un attimo che forse adesso non aveva più alcuna
importanza, c’era altro che urgeva, così si è alzata dalla sua sedia ed ha
sorriso alla luce.
Bruno Magnolfi
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