Si
rannicchia sullo scomodo sedile di quel treno locale, Tonio, ed osserva, senza
farsene accorgere, una ragazza sola in fondo al vagone che è salita proprio
all’ultimo momento prima della partenza. Non è da molto tempo che la mamma
quelle due volte a settimana gli lascia raggiungere il Centro Sanitario senza
che nessuno lo accompagni, anche se lei al pomeriggio lo aspetta sempre nella piccola
stazione quando torna. Ma lui non ha paura, si sente bene, e quella mezz’ora
sul treno tutto sommato gli piace, anche perché in molti lo conoscono e lo
salutano sempre.
Non
guarda mai fuori dai finestrini, questo è vero, la velocità gli mette sempre
una grande apprensione, però dentro al vagone ci sta bene, riesce a trovare
quasi sempre delle persone simpatiche che parlano con lui, gli battono una mano
sulla spalla, si fanno raccontare tutto quello che fa e che gli passa per la
testa. Ma oggi purtroppo non c’è molta gente su quel treno, lui si è sistemato
su un sedile vuoto e ad un tratto ha sentito come un brivido, quasi provasse
improvvisamente il bisogno di avere la sua mamma vicino, proprio come quando
era più piccolo.
Sei
proprio un bel ragazzone, gli dicono sempre tutti quanti quando lo incontrano,
e Tonio però sa di avere quasi trent’anni, e che quella è l’età giusta per
andare da solo fin dove gli pare; ma qualche volta, proprio come adesso, non si
sente perfettamente a suo agio, e senza avere intorno almeno qualcuno che
conosce, sente di non starci molto bene in giro, persino su quel treno che gli
piace. Così guarda di nuovo quella bella ragazza, laggiù in fondo, e forse
vorrebbe averla conosciuta precedentemente, averla almeno già vista là sopra,
gli piacerebbe magari fosse una di quelle tante persone che a volte gli
sorridono, che lo chiamano per nome, che lo salutano con allegria; ma non è
così.
Si
rannicchia di più, stringe i ginocchi magri con le sue braccia, la ragazza lo
nota magari per un momento, ma poi torna con indifferenza a guardare fuori dai
finestrini. Sono qui, vorrebbe dirle Tonio: forse potremmo avvicinarci un po’ tra
noi, pensa, sorridere insieme, parlare magari di questo viaggio; e forse anche
di come si trascorrono le giornate, queste giornate spesso piene di gente e di
chiacchiere, e di domande a cui dobbiamo rispondere, e di compiti a cui bisogna
far fronte. Si potrebbe diventare amici, magari, scambiarsi i nostri nomi,
stringersi la mano come si fa in tutti questi casi. Ma lei non lo guarda, e lui
forse adesso inizia a stare male.
Si
volta verso il finestrino allora, ma per non vedere tutta quella velocità del
paesaggio che fugge, si mette subito una mano sopra gli occhi. Neppure il
controllore passa in questa strana giornata, pensa Tonio: sono solo, forse
neppure la mamma sarà alla stazione ad aspettarmi. Improvvisamente lui sente
che non gli importa più di niente, forse neanche di scendere a quella stazione:
vuole soltanto dormire, ecco; sdraiarsi alla meglio sopra al sedile e lasciare
che il treno lo porti fin dove vuole, senza lasciare a lui di preoccuparsi più di
niente.
Qualcosa
sta succedendo, pensa Tonio, non posso farci nulla, le cose accadono senza che
nessuno possa interromperle. Sente anche la voglia di piangere, senza che ci
sia un vero motivo per farlo. Toglie la mano dagli occhi, guarda per un attimo
quella campagna e quelle case che corrono, nel mezzo del niente, che vanno
chissà dove, e prova una sottile vertigine. Poi si fa prendere del tutto da
quel panorama, si incolla al finestrino, osserva le colline lontane, pensa alle
persone ferme che magari vedono il treno passare, e lui dentro, dietro quel
vetro.
Tonio
prova un grande malessere, forse vorrebbe che tutto improvvisamente si
fermasse, desidera fortemente essere già a casa, con la sua mamma, oppure addirittura
tornare al Centro, e ricominciare a parlare ancora con il dottore, riflettere
meglio sulle sue domande, provare a dargli delle risposte ancora migliori di
quello che ha sempre fatto. Poi si gira, torna di nuovo a rannicchiarsi sopra
al sedile. Ma neppure la ragazza laggiù è più al suo posto, non c’è, si è
spostata, forse è andata via: no, non se n’era neppure accorto, ma lei adesso è
li, accanto a lui, proprio vicino, e adesso lo guarda e gli sorride, gli dice di
stare tranquillo, e che va tutto bene, e che la prossima fermata sarà proprio la
nostra, gli spiega; potremo scendere assieme, gli dice, e ritrovare in un
attimo la mamma.
Bruno
Magnolfi
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