Ho
quasi paura, fa lui sottovoce proseguendo a guidare. L'altro finge di non
averlo sentito. La donna, al fianco del posto di guida, dice che secondo lei devono
in ogni caso spingersi in avanti. Fuori dall'abitacolo la notte appare
impenetrabile, i fari della macchina rischiarano di fronte a loro una porzione
ridicola di asfalto. Perché accade tutto in questo momento, riprende a
chiedersi la donna a voce alta; perché mai proprio in questo momento. Nessuno
risponde, tanto appare retorica quella domanda.
Alla
fine di questo viaggio sicuramente molte cose saranno diverse, dice l'altro.
Lui prosegue a guidare, ma dopo pochi minuti dice che forse sarebbe meglio se
si fermassero, almeno per qualche minuto. L'altro non perde neppure tempo a
chiedere il motivo della sosta, si limita a sbuffare e lascia che poco dopo la
loro auto si immetta nella piazzola di un distributore di benzina ormai chiuso.
Accanto all’area, sottolineato da un’insegna luminosa, c'è un piccolo autogrill
ancora in funzione; la donna fa cenno che potrebbero andare lì e prendersi
almeno qualcosa da bere.
Scendono
in silenzio, entrano ordinatamente nel piccolo locale e si siedono ad un
tavolo. Bene, dice l'altro con ironia, non ci resta che fare una bella
chiacchierata come dei buoni amici. Lui non risponde, si limita a guardare da
qualche parte con l'aria di chi vorrebbe essere altrove. La donna ordina al
cameriere del caffè per tutti, poi spiega che secondo lei non c’è motivo per
farsi prendere dai nervi. L’uomo del bar porta quanto ordinato, osserva tutti con
aria quasi di sospetto, ma serve le tazze ed il resto senza dire niente. Lui
gli chiede quanta strada ci sia ancora prima di giungere in città, e l’uomo
dice semplicemente: non molto, senza aggiungere altro.
Quando
tornano a salire sull’auto lo fanno un po’ svogliatamente, quasi provando
sofferenza. L’altro dice senza mezzi termini che non ha più molta voglia di
spingersi ancora in avanti, ma l’autista riprende a guidare quasi non avesse
sentito niente. La donna si sistema sopra al sedile come meglio può, e dopo
poco chiude gli occhi, proprio mentre una fila di lampioni a bordo strada
mostra le facciate delle case di una piccola frazione.
Proseguono
ancora in silenzio per circa mezz’ora o poco meno, infine delle forti
illuminazioni mostrano già da lontano che stanno per giungere nella città. La
donna si scuote, tira fuori dalla borsa alcune cose insieme ad un piccolo foglio
con su scritto l’indirizzo dove devono recarsi; l’altro, sui sedili posteriori,
appoggia le braccia agli schienali davanti a sé, quasi per essere maggiormente
partecipe di quella fase.
Lui
rallenta la guida, le strade cittadine si aprono agli inizi nell’interno di una
periferia sostanzialmente anonima, ma poi alcuni viali sfociano invece in
larghe piazze, alcune anche alberate. Alla fine la strada che cercano si staglia
improvvisamente di fronte a loro, quasi in modo magico, così la macchina rallenta,
si accosta, e poi va a fermarsi in un parcheggio libero.
Sono
arrivati, adesso devono soltanto scendere, suonare il campanello come pattuito,
salire le scale e riunirsi con gli altri che probabilmente sono già tutti arrivati:
ma un brivido di fatto sembra attraversarli. Il motore e i fari spenti mostrano
un vuoto terribile, il silenzio che si forma sembra quasi parlare per loro. Che
facciamo, chiede la donna. L’altro la guarda restando in silenzio. Lui alla
fine dice soltanto: andiamocene via, riavviando il motore.
Bruno
Magnolfi
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