Il
ragazzo attraversa la strada apparentemente senza pensieri, spiccando a metà un
minuto accenno di corsa, poi sale sul marciapiede e abbraccia quasi per un giro
di danza un piccolo albero di decoro urbano, riprendendo però subito la sua
camminata elastica e ritmica. E' da solo, ma ciò in fondo non ha alcuna
importanza; il suo zaino con qualche libro all'interno non gli pesa, e volendo
può portarlo con sé fino a quando vuole, persino se decide di trascorrere tutta
quanta la mattina camminando. Camminare, già, pensa sereno: forse la forma più
libera per far scorrere in qualche maniera tutte queste ore, forse anche il
modo migliore per andare a caccia di qualche novità, alla scoperta di qualcosa
che magari non conoscevo prima. Alla ricerca dei suoi stessi pensieri, verrebbe
da aggiungere; del suo affrontare la realtà da un punto di vista indubbiamente
diverso.
Qualcuno
lo ferma, però. Un uomo anziano che lo conosce per averlo già visto gli chiede
con sguardo severo perché non sia a scuola con gli altri. Oggi non ne avevo alcuna
voglia, spiega il ragazzo; e poi si deve pur rompere la monotonia delle solite
cose ogni tanto. L’uomo sorride, comprende perfettamente quelle parole, così lo
saluta lasciandolo andare. Lui subito dopo costeggia il fiume, lo segue, si spinge
a grandi passi fuori città, verso una zona verde dove non è quasi mai stato: la
giornata è bella, non c’è niente di meglio che una passeggiata nel parco, pensa
tranquillo.
Il
ragazzo trascorre la mattinata praticamente sulle panchine, ad osservare gli
alberi intorno e le poche persone che girano lungo i vialetti, in piena
serenità, poi torna a casa. Sulla strada del suo quartiere però lo coglie una
grande e improvvisa tristezza: rallenta il passo, vorrebbe quasi fermarsi, si
vergogna della leggerezza con cui ha trasgredito i suoi precisi compiti di
studente. Pealtro non gli è servito a niente saltare la giornata scolastica, è
stata soltanto una sciocchezza, riflette. Per questo sul portone del palazzo
dove abita si ferma, cerca dentro la mente la maniera migliore per presentarsi
nell’appartamento della sua famiglia, e intanto si accosta con una spalla ad
una parete dell’ingresso.
Arriva
per combinazione la mamma mentre anche lei sa rientrando, e così lo vede, si immobilizza,
comprende subito che qualcosa di importante è accaduto, allora si avvicina, ma sul
momento pare non volergli chiedere niente. Il ragazzo non alza neppure lo
sguardo, cerca soltanto le parole più adatte per cercare di spiegare cosa stia
succedendo dentro di sé, ma non è facile, e alla fine non riesce neppure a
bisbigliare qualcosa. Sua madre gli appoggia una mano sopra la spalla, quasi
per incoraggiarlo a guardarla e a parlare, ma lui a quel contatto prova un
brivido, quasi come una scarica elettrica. Si scuote, le getta un’occhiata
fulminea, poi prende velocemente il portone condominiale ed esce di nuovo sul
marciapiede. Non trova un motivo davvero plausibile per tutti i suoi gesti che
si stanno manifestando quasi senza la sua volontà, ma forse, proprio per non
doverne affrontare almeno adesso le più stupide spiegazioni, inizia a correre; e
corre, verso dove non sa neanche lui; corre, forse cercando qualcosa che sente
mancargli; corre, fino a sparire rapidamente del tutto, in fondo alla strada.
Bruno
Magnolfi
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