Se mi piazzo seduto
sulla poltrona, pur mezza sfondata com’è, ho la possibilità di tirare su il
colletto del mio maglione fino sopra ai baffi, in modo che la bocca rimanga
coperta mentre il naso resta fuori. Con il naso inspiro l’aria fresca della
stanza, ed espiro dalla bocca quella calda del mio corpo, termoregolando le
fibre del tessuto che indosso e rilasciando in questo modo un piacevole tepore
alla mia pelle. Sono protetto, penso; riesco a provare una grande soddisfazione
nel sentire come le cose filano via lisce, naturali, tranquille. Trattengo un
piccolo spazio caldo tutto per me, mentre il resto se ne sta assolutamente fuori,
nella più completa indifferenza. Attendo poi che la mia immobilità si faccia
insopportabile, quindi mi alzo in piedi e giro per la stanza cercando qualche cosa
di cui occuparmi. Non trascorre molto tempo, giusto quello che occorre per bere
un poco d'acqua, guardare qualcosa fuori dalla mia finestra, assicurarmi ancora
che ci sia tutto per prepararmi più tardi un piatto per la cena; infine torno a sistemarmi sopra la
poltrona.
Sto bene, indubbiamente, in questa nicchia tiepida
che non mi pone alcun problema, e sento che potrei rimanermene qui ancora a
lungo, sonnecchiando e tenendo sotto controllo molti di questi miei pensieri,
se non fosse che il senso di soffocamento che certe volte provo, mi fa uscire
di colpo e dopo poco tempo da questa situazione. Penso certe volte che dovrei
scrollarmi di dosso questo comportamento, cercare di uscire da casa, di
distrarmi, ma poi ricado sempre e inesorabilmente nel mio smarrimento
quotidiano. Il respiro è quasi un rumore cavernoso e costante, un veloce attraversamento alternato della vita, ed il
vapore caldo di cui assaporo l'effetto ne è la prova inconfutabile. Il sangue
circola, mantiene in funzione tutto quanto, ed anche se resto qui fermo, quasi
assopito, lui prosegue ad elaborare tutto il meccanismo.
Qualcuno poi suona il campanello della porta; è
incomprensibile, penso subito, non aspetto nessuno, e qualsiasi scocciatore
sia, viene a raggiungermi proprio adesso che tutto pareva così tranquillo,
quando i miei pensieri ed il caldo del respiro mi stavano proprio portando poco
per volta verso sicure ed importanti riflessioni. Un uomo attempato sopra al
pianerottolo mi dice qualcosa che non comprendo affatto, così lo lascio
entrare, ed aspetto che mi spieghi meglio quali siano precisamente i suoi
argomenti. Lui continua a parlare della solidarietà, dell’abbandono dei propri
egoismi, ed io lo ascolto, credo anzi tutto sommato abbia proprio ragione.
Infine mi porge un foglio con su scritto il nome di un’organizzazione alla
quale, mi dice senza lasciare mai che io riesca anche solo ad interromperlo, posso tranquillamente riferirmi.
In conclusione accetterebbe anche un’offerta in
soldi, ma io non sono affatto convinto, anzi, tutto questo mi pone nuovi dubbi,
e così alzo la voce per fermarlo, e gli dico anche di andarsene, che devo
riflettere per bene le cose che mi sono state dette, ma quello insiste,
spalanca gli occhi, mi fa quasi paura adesso con le sue parole. Vado verso la
cucina, l’uomo mi segue, forse pensa che stia prendendo i miei soldi per
dargliene alla sua organizzazione, ma io tiro fuori un coltello dal cassetto, e
lo impugno con aggressività. Lui indietreggia, adesso sta in silenzio, ma io
gli dico di fermarsi, quando con le spalle è ormai appoggiato alla mia porta
chiusa. Siamo soli, gli dico quasi urlando; dobbiamo uscire tutti quanti da
questa situazione, è più che evidente: ma la maniera va trovata poco per volta
perché ancora non c’è, non la sappiamo, e non è certo scritta nel vostro
stupido foglietto. Le parole sono la nostra dannazione, dico ancora; solo i
pensieri potranno salvarci, semmai lo meritiamo.
Bruno Magnolfi
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