Si
può vedere spesso nella piazza del paese, Susanna, davanti o dentro all’unico
caffè generalmente frequentato da uomini, con i tavolini all'aperto, mentre
parla con qualcuno di loro stirandosi con gesto quasi rituale i suoi capelli neri
e lisci, sistemandoli inutilmente dietro le orecchie, profondamente convinta, o
almeno così sembra, di tutto quello di cui si trova a ragionare. Difficile
evitare di guardarla, la sua presenza è forte, rende quasi impossibile
ignorarla, tanto che chiunque lo faccia risulta subito un debole, ridicolo,
piegato a comportamenti persino innaturali.
Susanna
a sua volta ti guarda se tu dici qualcosa, raramente sorride, ma poi se ne va
all’improvviso, o s’interessa d’altro, senza che tu abbia saputo neppure percepire
il momento esatto in cui quell’interesse che magari ti aveva concesso fino ad
un attimo prima, sia improvvisamente scomparso, lasciandoti perplesso, colmo di interrogativi. Tutti si
sono innamorati di lei prima o dopo, anche per molte volte di seguito, ed in
tanti vengono qui nei pomeriggi svogliati quasi solamente per incontrarla, per
sentirla parlare, per dirle qualcosa.
Io
mi siedo, mi guardo attorno, la tazzina del caffè appoggiata al tavolino, ed
ascolto i discorsi che si fanno, la gente che passa, i rumori della piazza, e
soprattutto lei, che parla già di qualcosa, a volte in maniera pacata, in certi
casi invece con più foga. Ho provato innumerevoli volte ad interromperla, anche
se solo attraverso i miei pensieri, ma ogni volta mi sono immaginato Susanna
mentre semplicemente mi inceneriva con un suo sguardo tagliente. Poi però
qualcosa si placa, c’è come una pausa nell’aria, una sospensione, e pare che
nessuno stasera abbia più niente da dire e da dirle; lei viene al mio tavolino,
mi guarda, si siede con calma, mi fa: e tu, non hai niente da dirmi? La guardo,
la prima parola insignificante che le dico è quasi sottovoce, poi però prendo
coraggio e cerco di spiegarle con calma che vorrei andarmene da qui, da queste
abitudini assodate, da questo nulla, da questi paesani sempre pronti a
giudicarti, ma dopo un attimo mi sembra di non essere sincero, e soprattutto di
dire delle cose con le quali probabilmente Susanna non potrà mai essere del
tutto d'accordo.
Lei invece mi
sfiora una mano, proprio mentre qualcuno la saluta forzatamente, quasi per
spiegarle: non perdere del tempo con uno sfigato come questo che hai di fronte,
lascia stare tutte le persone di questo genere; ma lei pare ignorare gli altri
adesso, salvo dirmi che le piacciono i miei modi, il mio starmene distante,
senza mescolarmi troppo con questi scansafatiche. Forse vorrei dirle che è lei
che incita tutti ad essere così, ma resto in silenzio, anche se vorrei
abbracciarla.
Improvvisamente
Susanna si alza, si mette subito a scherzare con qualcuno, mi lascia lì, senza
una risposta chiara, senza un parere, senza niente, proprio come se niente
fosse stato. Resto fermo, vorrei scomparire, forse devo soltanto pagare in
fretta il mio caffè e dopo andarmene; così mi alzo, vado al bancone, mi disinteresso
di qualsiasi cosa, sono già lontano dentro ai miei pensieri. Però Susanna torna,
mi ferma, dice che se solo volessi potrebbe accompagnarmi dove voglio. Io
faccio cenno di si con la testa, lei prende le sue sigarette, e poi mi stringe
con l’altra mano il gomito. Andiamo, non so neppure dove, o verso cosa, ma va
bene così, in questo modo.
Bruno Magnolfi
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