Cominciai col parlare
da solo nei luoghi pubblici, quando mi resi conto che oramai non avevo più
nessuno con cui chiacchierare. Le persone vicine mi osservavano, alcuni
commentavano il mio comportamento con occhiate ed anche con sorrisini. Per non
passare per matto completo, iniziai così ad usare parole forbite, anche
ricercate, certe volte persino completamente scollegate dal resto delle frasi
che pronunciavo. Inserii con soddisfazione addirittura qualche termine in
francese oppure in spagnolo, recuperando dalla memoria vecchi studi giovanili,
assaporando in questo modo l’aiuto che mi dava un approccio maggiormente
cosmopolita; e come scelta generale non guardavo mai nessuno in faccia o negli
occhi, anche perché naturalmente erano sempre tutti gli altri a guardare verso
di me, perfino con insistenza, in certi casi, magari aspettandosi da un attimo
all’altro un mio gesto assurdo, o addirittura qualche atto sconsiderato.
Poi iniziò il periodo in cui qualcuno di loro regolarmente
cercava di interrompermi, di interloquire con me, di farmi soprattutto presente
che erano tutti assolutamente in grado di aiutarmi, di mettere a disposizione
per me le loro organizzazioni di volontariato, e anche qualche grossa
associazione di individui capaci di risolvere qualsiasi mio problema, torme di
gente altruista e generosa a caccia di disadattati, di solipsisti, di asociali ordinari
e abitudinari come potevo sembrare io almeno ad una prima lettura, cercando di
coinvolgermi comunque e quasi per forza nei loro sconclusionati progetti
finanziati quasi sempre con fondi europei. Generalmente per tirarmene fuori
dovetti più di una volta persino cambiare la mia scheda telefonica, ad evitare
continue ingerenze nella mia vita, soprattutto durante le ore serali.
Poi però iniziai a frequentare una ragazza, non
perché mi dessero una particolare fiducia le parole e le frasi con cui cercava
di interrompermi, quanto perché mi appariva carina, cortese, e soprattutto di
un età talmente inferiore alla mia da stimolarmi in modo estremamente positivo.
A dire il vero era lei che veniva a cercarmi, avendo compreso quali fossero i
miei giri abituali. Io proseguivo a parlare tra me, come sempre, praticamente
senza mai ascoltare nessuno, se non in certi casi, e forse lo facevo oramai
soltanto per un’abitudine, ma lei in questo mi assecondava, senza cercare mai di
interrompere troppo il mio argomentare. Quando poi iniziò a comprendere meglio
di cosa effettivamente blateravo, mi disse che aveva capito quale fosse
effettivamente la natura dei miei problemi, ed io a quel punto rimasi in
silenzio, colpito dalla sua perseveranza. Ci mettemmo assieme quasi per
scherzo, dopo che lei ebbe compreso che non avevo niente che non andava, ma la
differenza d'età tra di noi si mostrò subito un gosso problema, e le cose
presto andarono a rotoli.
Adesso sono di nuovo da solo, come quasi sempre
nella mia vita, ma non ho ancora ripreso a parlare tra me, anche se sicuramente
ne avrei una gran voglia. Per il momento mi accontento di ascoltare tutti gli
altri, di stare fermo nei luoghi pubblici, di frequentare i posti dove le
persone ridono, si salutano, chiacchierano di tutto senza alcuna timidezza,
cercando di comprendere il più possibile quale sia il segreto da cui sono
animati. Forse riuscirò prima o dopo ad essere come tutti, penso, capace di parlare
con gli altri e di scambiare con qualche persona paziente questi miei pensieri.
Ma forse prima di tutto dovrei partire, magari andare in Spagna oppure in
Francia, ad imparare meglio quelle loro lingue, per poter esprimermi in modo
adeguato. Perché parlare da soli non è male: ti fa sentire compreso ed
ascoltato da tutti, specialmente quando gli altri si interessano a te, ti danno
seguito, e forse alla fine riescono persino a comprenderti; però va sempre
fatto con le giuste parole.
Bruno Magnolfi
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