Cammino
in mezzo a queste bancarelle del solito vecchio mercato di quartiere. Nessuno
mi nota, fortunatamente, ed io intanto sfioro con le dita della mia mano la
piccola canna lucida e fredda di questa pistola ad un solo colpo che tengo
dentro la tasca della mia giacca. So difendermi, penso con convinzione, da
tutta questa gente che mi gira intorno freneticamente; posso farlo in qualsiasi
momento, senza assolutamente alcun tipo di problema. E’ vero, posso sparare
soltanto una volta, ma è già sufficiente, basta soltanto che qualcuno si
avvicini a me in maniera aggressiva, o violenta, magari mostrandomi i denti
come fosse un cane, per fargliene passare la voglia.
Non
ce l’ho con nessuno, certo, per me anzi vanno tutti benone, tutti coloro che si
fanno tranquillamente i fatti propri, e che girano in mezzo ad un mercato
soltanto per osservare la merce e le bancarelle che ci sono, per starsene un
po’ in giro tra questa gente, e svagarsi la mente insomma; ma non volto certo
la testa da un’altra parte se qualcuno inizia come niente ad infastidirmi, a
prendermi in giro, a ridere magari di questo cappello, della mia espressione, o
della giacca scolorita che indosso. So badare a me, nessuno può permettersi
delle libertà nei miei confronti.
Poi
mi fermo di fianco ad una donna: sembra impegnata nello scegliere qualcosa in
mezzo ad una montagna di tante altre cose rovesciate a caso sul piano di un
semplice carretto. Buongiorno, le dico, ma lei non risponde niente, come se non
mi avesse neppure sentito. Anzi, subito si sposta, e poi riprende in mano una
vecchia busta di plastica che teneva infilata ad un braccio, e dopo aver
frugato dentro, si porta alla bocca qualcosa, un pezzetto di pane, o comunque
del cibo, immagino. Provo un istinto come quello di tentare di aiutarla, oppure
di essere comunque gentile con lei, e così torno ad insistere: buongiorno, le
ripeto, e quella donna allora si volta, mi guarda con apparente attenzione, ma
è come se guardasse proprio da un’altra parte.
Mi
muovo, lei mi viene dietro, forse è curiosa, penso, ma adesso ha l’espressione
perplessa, come se attendesse chissà cosa da me. Mi sposto verso il margine del
mercato, poi intravedo tra le tende di stoffa una specie di vicolo traverso, e
subito mi ci dirigo. Lei è dietro di me, mi guarda, forse prevede qualcosa,
anche se non sembra provare un vero interesse, e mentre si muove prosegue a
portarsi alla bocca pezzetti di qualcosa pescato nella sua busta. Adesso io
sono fermo, noi due siamo soli, ma non so neppure perché siamo qui, che cosa
sia meglio che faccia, anche se sono certo che vada presa al più presto una
precisa decisione, perché non è il caso di lasciare tutto quanto sospeso per
troppo tempo.
Lei
sembra percepire all’improvviso questo mio nervosismo, sposta il peso del corpo
da un piede a quell’altro, e cerca di chiudere definitivamente la sua busta di
plastica producendo uno sgradevole scartocciante rumore. Così tiro fuori la mia
pistola e mimo subito il gesto di sparare contro di lei. Immagino che questa
donna adesso possa urlare, cercare di fuggire, assumere un’espressione
terrorizzata, svenire addirittura, e invece non fa proprio niente di tutto
questo. La guardo, lei è immobile, cerco dentro di me delle risorse che forse
non ho, e poi ripongo lentamente la mia arma dentro la tasca, mentre sento che
il mio dito sopra al grilletto sta tremando ancora nervosamente. Mi volto, me
ne vado, e con la coda dell’occhio vedo che anche quella donna sta venendo via
dietro di me. Sarà per un’altra volta, penso con calma maggiore, non ci sono
problemi.
Bruno
Magnolfi
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