Sono fritto, dico a me stesso ancora prima di uscire
fuori dal locale. Questo tizio che ho appena incontrato è uno di quelli con cui
non si può assolutamente dialogare in modo ordinario, e come minimo vorrà
venire alle mani appena gli dirò che non voglio avere niente a che fare con
lui. Non lo conosco neanche; non riesco neppure a capire come sia possibile che
in un attimo siamo potuti giungere fino a questo punto: forse, oltre al fatto
che questo sia uno alla ricerca perenne di guai, davvero tutto è accaduto
soltanto per avergli risposto in maniera appena un po' troppo sgarbata, quando
mi ha chiesto di farlo passare in mezzo alla gente che affolla come sempre
questo locale, ma le mie parole in quel momento volevano essere soltanto
qualcosa di spiritoso, quasi mostrare la parodia di qualcuno davvero arrogante
e pieno di sé, a cui è ovvio io non mi sono mai minimamente sognato di
assomigliare.
Ed adesso siamo qua fuori, come per un duello degno dei
pistoleri americani d’altri tempi, a dirsi ancora le ultime cose tra i denti,
ed a farci di nuovo il viso truce, proprio appena un attimo prima che la
violenza selvaggia prenda il sopravvento sul resto. Ho una mano affondata
dentro una tasca, mentre lui sembra quasi mormorare tra sé ancora delle offese
al mio indirizzo, ed avverto con la punta delle dita qualcosa che non ricordavo
neppure di avere con me: un ciondolo, un oggetto semplice, senza valore, un
piccolo monile senza alcuna importanza che mi ha dato qualcuno di cui non
ricordo, ma che adesso sembra quasi voglia aiutarmi. Così, senza troppo
pensarci, lascio cadere per terra la cosa, vicino ai miei piedi, senza che lui
se ne accorga, e mi comporto come se la vedessi per la prima volta, e fosse già
lì da chissà quanto tempo, abbassando lo sguardo e mimando anche una certa
sorpresa; poi mi chino, la prendo, ed osservo a lungo e con curiosità quanto mi
ritrovo improvvisamente tra le mie mani, quasi non avessi neppure mai visto
qualcosa del genere.
Lui ci casca proprio come avevo previsto, e se in un
primo momento si è irrigidito ancora di più per la mia presunta fortuna nel
trovare per caso un oggetto del genere, in un secondo tempo immagina che forse
le mie capacità siano commisurate alla mia buona sorte, e che io sia
assolutamente diverso da come mi ha immaginato agli inizi, tanto che una volta
raccolto quel gioiello da terra, quasi mi dispiace di averlo praticamente preso
in giro in questa maniera.
Difatti, dopo essermi allontanato appena di qualche
passo, controllando il suo comportamento con uno sguardo trasversale, e
lasciandolo alle mie spalle ancora incredulo, dopo poco torno indietro, e forse
vorrei addirittura regalare a lui questo gingillo senza valore, ma siccome ho
paura che si senta troppo preso per i fondelli, mi invento che ci sono incise
delle iniziali, e che quindi il proprietario va indubbiamente cercato, perché è
giusto adesso che ne rientri in possesso. Lui non guarda neanche il monile, però
si sente d'accordo, sta assolutamente dalla mia parte, e in questo modo mi fa
tirare un sospiro di assoluto sollievo: se anche ci rincontrassimo nei giorni
seguenti, mi immagino con ogni probabilità, non ci sarebbe più tra noi l’astio
assurdo che si avvertiva agli inizi. Così torno ad appoggiare per terra
l'oggetto, senza neanche preoccuparmene troppo, anche se all'improvviso mi
viene il sospetto che sia proprio d'oro: un vecchio pendaglio di chissà chi,
finito per caso in una mia tasca, e che comunque abbia forse un qualche valore.
Ma adesso tutto questo in fondo non ha alcuna importanza, rifletto: sono pur disposto
a rinunciare a qualcosa, anche a sbarazzarmi di quanto possiedo. Queste
giornate sono costituite da nient’altro che una semplice serie di scelte, penso
subito dopo con calma; il resto poi, è soltanto una combinazione di cose.
Bruno Magnolfi
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