La mattina Renato esce presto per recarsi al lavoro, e qualche
volta quando è in ritardo percorre in auto una stradina strettissima, compresa
per un lungo tratto tra due alti muri di pietre, giusto per accorciare di circa
cinque minuti. È ancora buio, i fari rischiarano il tratto della via davanti ai
suoi occhi, ma soltanto per un attimo, perché ad ogni metro, appena il suo
mezzo ha transitato, tutto ricade di colpo dentro la notte silenziosa, una
densa melassa indistinguibile che a quell’ora continua ad avvolgere qualsiasi
particolare. La sua macchina è vecchia, piena di rumori e di cigolii, ed il
fondo stradale mette ogni giorno a dura prova le sospensioni e le gomme. E’sufficiente
un attimo, gli occhi che ancora si stringono per il sonno interrotto, forse il
dondolio del suo seggiolino, e quella persona che sta camminando, o che forse
corre, sul lato sinistro davanti ai suoi fari, sbuca di spalle nel fascio di
luce, senza alcun minimo preavviso, in un posto proprio dove non c’è mai stato nessuno
fino ad oggi, come una pennellata di semplice grigio, comunque qualcosa di una
tonalità poco visibile, subito fuori dal parabrezza, vicinissima, quasi apparsa
dal niente. Renato riesce a non prendere in pieno quel mucchio di stoffa sopra
ad una vaga forma da uomo, e ne accarezza semplicemente con la carrozzeria forse
il braccio, forse il fianco; ma anche quel poco che avviene è già sufficiente
per sbattere violentemente quel cencio contro il muro vicino, quel qualcosa che
non avrebbe proprio dovuto essere lì, senza tentare neppure il minimo accenno
di una frenata che lasci una traccia sopra l’asfalto.
Si
sofferma un momento, si guarda insistentemente dietro le spalle, il piede sul
freno, il rosso dei fanalini che non lascia vedere quasi un bel niente, poi Renato
reinserisce la marcia e va via, il cuore che batte a velocità supersonica, le
mani che tremano, la bocca già secca, la faccia piegata in una sola
espressione. Guida lentamente, subito dopo, e quasi non ce la fa, intorno non
si vede nessuno, alle sue spalle c’è soltanto il buio della notte, privo di
qualsiasi riferimento. Non riesce a togliersi quella fisionomia dalla mente,
quel guizzo veloce davanti ai suoi occhi, forse il contorno di un assurdo
fantasma sbucato dal niente. Semmai una persona che in ogni caso non avrebbe
dovuto trovarsi là fuori, e che se l’è proprio andata a cercare, probabilmente
un qualsiasi sbandato, uno a cui non interessava neppure lasciarsi sbattere
contro quel muro. O magari tutto quello era stato solo uno scherzo: uno spaventapasseri
di stoffa messo al bordo di quella strada per impaurire qualche povero cristo
di passaggio, un pezzo di cartone sagomato che con il vento poteva essersi
mosso, come una qualsiasi bandiera. Certo, Renato avrebbe dovuto fermarsi, tornare
indietro, rendersi conto perfettamente di quanto accaduto, ma adesso non c’era più
il tempo, era già in ritardo per il suo lavoro, e poi cos’altro poteva mai
essere quel fantoccio che non aveva neppure fatto rumore cadendo.
La strada si
immette in una via più transitata, ed altri veicoli adesso si incrociano tra
loro, Renato non ha ancora perso del tutto quel tremore iniziale, però si è
quasi convinto che in fondo non è successo quasi un bel niente, può comportarsi
esattamente come un giorno qualunque, evitare assolutamente di accennare a quel
manichino con anima viva, e in ogni caso, adesso, gli pare sempre possibile
sostenere di essere passato per una strada diversa da quella buia e stretta che,
ne è più che sicuro, non percorrerà per almeno un bel po’di tempo. La sua auto
va avanti, non manca molto per arrivare al parcheggio davanti a dove lavora,
così tenta di rilassarsi, di pensare a qualcosa che non sia quell’immagine
sostanzialmente quasi indelebile che lo sta torturando. Si concentra su
qualcos’altro, sul suo lavoro, poi compie le ultime manovre sopra al piazzale,
e finalmente ferma la macchina spengendo il motore, proprio mentre un suo
collega che è arrivato prima di lui gli si avvicina e attende soltanto che lui
scenda dall’auto. Cosa è successo, Renato, gli fa, mentre continua ad osservare
una larga striscia di sangue sulla fiancata.
Bruno
Magnolfi