Tutto inutile,
dice lei a voce alta, scuotendo lievemente la testa, mentre rimane ferma da
sola davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento del centro
commerciale. Qualcuno la guarda, altri pensano che stia forse parlando ad un
cellulare nascosto, munito di auricolari; ma sia gli uni che gli altri in fondo
non hanno altro interesse verso di lei oltre quell’occhiata che le regalano,
colma soprattutto di scostamento e di indifferenza. Invece, dentro al negozio scintillante
e illuminato oltre misura in ogni suo angolo, con le porte automatiche
interamente spalancate per mostrarsi più accessibile, qualcuno le risponde
usando il suo medesimo tono, dicendo senza mezzi termini che non è
assolutamente vero, e che al contrario si deve pur credere in qualcosa
oggigiorno, aggiungendo infine che i cambiamenti importanti se si sta attenti
sono già in atto, e che negare l’evidenza è un fatto psicologico, più che
sociale.
Un paio di
persone si fermano, altri pur continuando a camminare lentamente restano per un
attimo come sospesi, quasi in attesa, curiosi di quel dialogo almeno in
apparenza completamente assurdo. Il commesso che ha appena parlato in quel
momento, riprende a sistemare con impegno il manichino dentro la vetrina, la
donna invece lo guarda, cercando le parole per una replica che almeno abbia
senso e fermezza, ma che forse non riesce subito a trovare. Non si sposta,
comunque, rimane immobile con caparbietà, e dalla sua postazione di eventuale
acquirente, dice alla fine che non sarà certo quello il modo di rendere le cose
minimamente migliori. Lui allora la guarda per un attimo; ognuno deve fare la
sua parte, replica, e poi con stizza prende i due o tre capi di vestiario che
gli sono rimasti tra le mani, e quindi rientra dentro, sparendo rapidamente nel
retro.
Lei riflette:
non credo che acquisterò mai niente dentro ad un negozio di questo genere; ma subito
dopo guarda meglio quanto è stato esposto, e nota una lunga sciarpa morbida in una
tinta unita che in fondo le potrebbe anche piacere. Così entra, quasi per una
specie di estrema sfida, e si fa prendere quel capo esposto dentro la vetrina
da una ragazza sorridente, anche lei impiegata al punto vendita. Torna dopo un
attimo il commesso di poco prima, e la trova mentre sta soppesando la stoffa
della sciarpa, valutandone anche il prezzo. Da fuori qualcuno osserva, forse in
attesa di un nuovo battibecco. Se mi piace, dice lei senza riferirsi a nessuno
in particolare, è soltanto un fatto personale, perché secondo me non serve assolutamente
edulcorare le cose fino al punto di farle divenire praticamente false. Ciò non toglie che un qualsiasi individuo
possa conservare un proprio spiccato gusto per le cose, aggiunge subito.
Il commesso
sembra non avere proprio alcuna voglia di replicare a queste parole, anche se
prosegue a sistemare i manichini della vetrina, proprio davanti a lei,
lasciando che la donna si formi un’idea precisa per conto proprio. L'apparenza
non ha interesse per i superficiali finti, dice lui senza guardarla. Ma è la
sostanza che conta, interviene subito lei. Qualcuno sorride davanti ai vetri, mentre
loro due adesso si guardano, ed è lei che dopo un attimo gli allunga una mano
chiudendo nell'altra la sua sciarpa; lui svelto la stringe con decisione, in
segno di saluto e anche di rispetto per la sua opinione differente: la gente
fuori applaude debolmente, chissà mai per che cosa, visto che probabilmente non
ha davvero neppure compreso tutto quanto.
Bruno Magnolfi
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