Spesso cammino per la strada senza neanche avere in mente
una meta precisa, e certe volte, neppure immaginando come sia minimamente possibile,
riesco ad intuire quasi perfettamente cosa accadrà di lì a poco. Giro ad un
angolo, e ancora prima di farlo vedo davanti a me la faccia e l'espressione di
chi mi sta per venire incontro; oppure riesco a sapere nel dettaglio come sia
allestita la vetrina di un negozio davanti alla quale non sono ancora arrivato;
altrimenti sono capace di vedere ed indicare con esattezza quali automobili siano
parcheggiate lungo una via che devo ancora percorrere. In certe occasioni, ad
evitare imbarazzanti fissazioni su queste piccole e automatiche attività del
mio cervello, tento di assumere un certo disinteresse per queste mie doti così descritte,
fingendo perciò una naturalezza che purtroppo in genere non ho quasi mai avuto
nella mia vita, sforzandomi comunque di allontanare da me qualsiasi pensiero
divergente dalla pura normalità.
Poi mi fermo sul marciapiede, mi guardo attorno senza
troppo interesse da quanto sono qui circondato, ed infine con decisione vado a
spalancare con la mano un portoncino proprio accanto alla mia posizione, rimasto
inspiegabilmente socchiuso. Non so bene che cosa mi spinga a far questo, però
una forza superiore sembra attirarmi all’interno e poi su per le scale, fino a farmi
giungere sul pianerottolo di quell’ordinario piano secondo, dove un uomo mi
apre il suo appartamento come se già fosse in mia attesa. Entro, dopo aver scambiato
con lui un piccolo gesto di ordinario saluto, e intanto elaboro involontariamente
dentro di me alcuni pensieri di annunciazione, immagini nitide zeppe di innumerevoli
fogli bianchi, di carta preziosa e immacolata ordinata in tanti quaderni rilegati
e messi insieme con le presse e con i telai con cui vengono lavorati proprio là
dentro. L'uomo, senza neppure parlare, mi porta subito in una stanza composta
da parecchi scaffali ordinati, con sopra i quaderni già pronti, ben allineati
ed in vista, ed io, di fronte all’offerta, ne scelgo uno tra quelli più piccoli
e semplici, lo ringrazio per quanto mi sta mettendo a disposizione, ed infine con
un sorriso mi siedo ad un tavolino, prendendo una matita per scrivere, come
dovessi appuntare qualcosa. La prima pagina completamente bianca sembra volermi
far desistere da qualsiasi volontà, ma se osservo meglio la carta, vedo subito come
davanti a me quel foglio sia già pieno di molte parole, le stesse che obbligatoriamente
dovrò scrivere io, una serie di frasi che adesso posso soltanto copiare,
diligentemente.
Infine mi alzo, saluto il buon uomo, esco da quel
laboratorio e torno sulla mia strada, col quaderno che mi è stato donato, ben
saldo sotto al mio braccio. Qualcuno di lì a poco tenterà di sottrarmelo, ne
vedo chiaramente l’azione, ma io non so se potrò mai evitare quel furto, oppure
se devo lasciare che tutto si concluda, come un destino assolutamente previsto
ed inarrestabile. Mi fermo, apro il quaderno, e nelle ultime righe dell’unica
pagina scritta, si dice che tutto deve ancora compiersi, anche ciò che apparirà
negativo. Così mi fermo, aspetto di essere raggiunto dal ladro, ed intanto, quasi
sovrappensiero, mi siedo con semplicità al bordo del marciapiede. Una persona
mi passa accanto senza neppure notarmi, io non mi muovo, lui non mi vede, così
tira dritto, ed io dopo un momento, mi alzo e me ne vado da lì, velocemente,
quasi correndo. Quando poco dopo ritrovo la calma, mi siedo ad un tavolino di
un caffè senza pretese, apro il quaderno e scopro che la pagina dove avevo
scritto qualcosa non c’è, tutto è sparito, le mie parole si sono volatilizzate,
ed il quaderno è tornato ad essere completamente immacolato.
Così torno indietro, ritrovo il portoncino di prima che
adesso è ben chiuso, e proprio mentre sto lì vicino, riapro il quaderno,
scoprendo che sono tornate ad esserci scritte delle parole addirittura diverse
da prima, che dicono delle cose di tutt’altro tipo, come fosse un oggetto del tutto
magico e autonomo. Si spiega là sopra come in questo momento sia auspicabile per
me evitare gli incroci, ma io indifferente riprendo il mio solito camminare
senza una direzione precisa, e quando infine vorrei attraversare la strada,
all’improvviso mi fermo: ho un’intuizione, secondo la quale è meglio se evito quell’azione
precisa, perché sento dentro di me il rischio evidente di ritrovarmi sotto alle
ruote di un’automobile rossa, il cui autista è sicuramente distratto in questo
momento.
Bruno Magnolfi
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