Mi sento disperato,
dice lui guardando dritto avanti a sé verso un indefinito punto fisso. L’altro
non risponde niente, gli pare comunque che ogni cosa in quella piccola azienda
si stia come predisponendo al peggio anche se lui non è ancora riuscito bene
neppure a comprendere quali siano i veri motivi della catastrofe incombente,
mentre continua a cercare, ma soltanto per dovere professionale, di non
demoralizzare ulteriormente il suo cliente. Vorrei chiudere qui con quanto è
accaduto, riprende lui; voltare questa pagina definitivamente ed immaginare da
ora in avanti che tutto intorno a me riesca miracolosamente a risorgere, anche
se non saprei proprio comprendere in quale maniera. Guardo il mio lavoro, la
mia attività di sempre, le cose in cui ho sempre creduto, e mi sembra tutto
ormai così distante, quasi che da ora non sapessi fare più praticamente nulla,
neppure qualcosa direttamente con queste mie mani. Potrei però tentare
un’ulteriore mediazione con la banca, dice l’altro; se ci riuscisse di farci accordare
almeno un po’ di ossigeno, forse potremo essere in grado magari di trovare una
nuova piccola commessa, giusto per farci andare avanti quanto serve a
rimetterci in pista. Se l’approva posso anche attivarmi subito.
Va bene, dice lui già più distante: possiamo anche
provare, non costa quasi niente farlo, però la completa mancanza di entusiasmo
che ho in questo momento si spalmerà irrimediabilmente su tutto ciò che
cercherò di fare. Questo è probabile, fa l’altro, in ogni caso il percorso non
può certo essere diverso da questo che ho indicato, ed il mio consiglio da
consulente d’impresa e anche da sostenitore di questa azienda è che si tenti
ulteriormente almeno questa strada, mettendo purtroppo sul piatto della
bilancia l’ultimo immobile rimasto tra tutte le proprietà della famiglia. È una
decisione grave, fa lui; non posso certo prenderla a cuor leggero, ci devo
pensare almeno per un giorno, e darne informazione come minimo anche ai miei,
per poi trovare il coraggio per intraprendere quest’ultimo percorso. Io non
penso sia proprio il caso di parlarne con troppa gente, fa l’altro: ognuno ad
ascoltarla direbbe la propria opinione ed il proprio pensiero, col risultato di
confondere le cose e renderle persino più difficili.
D’accordo, fa lui, adesso però mi dia almeno il
tempo di pensarci sopra questa sera, vorrei ritrovare la mia consueta freddezza
per le decisioni, prima di convincermi di averla completamente perduta. Certo,
fa l’altro, tra un attimo la lascio solo, magari ci sentiamo più tardi. Va
bene, dice lui mentre lo accompagna verso la porta dell’ufficio. Poi torna a sedersi
presso la sua scrivania, osserva le matite, le cartelline, tutti gli oggetti
che ancora stanno sopra quel piano di lavoro che ne ha già viste parecchie, ed
improvvisamente gli sembra di stare bene, come di essere completamente fuori da
quell’incubo opprimente che ha caratterizzato quegli ultimi mesi. Si alza, tira
fuori una bottiglia da un armadio, beve un bicchierino, e poi osserva quelle
foto incorniciate sopra le pareti che continuano a mostrare tutta la sua
carriera di piccolo imprenditore. Poi torna a sedersi, la sua tranquillità lo
rende coraggioso, si osserva per un attimo le mani, poi prende il telefono,
compone un numero diretto e gli risponde dopo poco il direttore della banca.
No, fa lui all’apparecchio, non importa
interpellare nessun altro, da questo momento non c’è più bisogno di alcun
intermediario: tratterò direttamente io gli affari della mia piccola azienda, e
se non vorrete accordarmi un ulteriore prestito per superare questa fase, lo dovete
fare senza profili professionali interposti, ma semplicemente guardando me
negli occhi.
Bruno Magnolfi
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