Uno dice: "No, io non ci sto a questo stupido gioco ". E
l’altro: "Tu fa come vuoi, però sappi che tutto sta semplicemente nel dire
le cose, in certi casi anche con abbondanza di parole, ma senza farle mai comprendere
del tutto". Lui lo guarda, attende che magari aggiunga qualcosa, infine
volge lo
sguardo a terra come per cercare soluzioni.
"Si, lo avevo capito; è già chiaro, più che evidente”, dice in
conclusione. “Però
secondo me non si arriva da nessuna parte comportandosi in questa maniera, ed
alla fine questo atteggiamento mentale può anche semplicemente diventare per
qualcuno una tortura addirittura peggiore di una qualsiasi sofferenza
fisica". L'uno si muove leggermente sulla sua sedia con braccioli vecchia
ed in parte sgangherata, l'altro resta immobile sopra una delle panche, riflettendo meglio sulle parole che ha appena ascoltato.
Poi il primo dice: "ho sempre pensato che la comunicazione fosse
l'elemento fondante della civiltà, non posso certo cambiare idea adesso
soltanto perché mi è più comodo". "Secondo me non vuoi renderti conto”,
fa l’altro; “qui non si tratta di massimi sistemi, è soltanto una questione di
sopravvivenza; nient'altro".
L’orologio a parete segna con il solito scatto meccanico un altro
nuovo minuto, e i due si alzano in piedi nello spogliatoio, poi si incamminano
svogliatamente verso il loro reparto di lavoro, all'interno dello stabilimento
dove sono occupati con un contratto ordinario ma oramai in scadenza.
"Vedi", prosegue quello mentre si avviano lungo il corridoio che
porta alle officine; "non c'è più niente che possa
mostrarsi limpido come lo vorresti tu. È proprio la gente stessa ad aver
maturato una specie di autodifesa. In ogni settore si dice qualche cosa
pensando contemporaneamente a qualcos'altro, che come minimo risulta
leggermente diverso, se non del tutto un altro argomento; è normale, sta solo a
chi ascolta il compito di decifrare al meglio quello che riesce a comprendere
di tutta la faccenda". Poi i due si dividono di malavoglia, e subito
riprendono la loro attività alle macchine come fanno ogni volta, dandosi
appuntamento alla prossima pausa, due ore più tardi.
Le presse per gli stampi continuano a sfornare i pezzi appena sbozzati,
e con i guanti termici gli operai li prendono e li posizionano sui banchi
per le ulteriori lavorazioni. “La meccanica è un’attività di precisione”,
riflette lui adesso ripensando a quanto gli è stato spiegato; “ogni elemento
non ha alcuna possibilità per presentarsi in modo diverso da come è stato
progettato”. Il rumore dei macchinari in azione là dentro è notevole in certi
momenti, ma dopo poco non ci si fa neppure più caso. In fondo è persino poco
interessante immaginare tutti gli altri divisi tra gruppi di persone che
cercano costantemente di decifrare ognuno quello che viene proposto da un altro.
Tanto più che la maggior parte delle volte si tratta di noti personaggi singoli
che usano quasi dei crittogrammi, tramite i quali si dicono pronti a sostenere
di stare sempre dalla parte dei più deboli, di coloro che più di qualsiasi
altro avrebbero bisogno di comprendere appieno quali
siano i capisaldi di tutta la realtà. "Si vive in una nebbia che si fa
ogni giorno sempre più fitta", pensa lui mentre segue il ritmo costante
del suo compito, adeguato naturalmente a quello della macchina.
In
fondo alla postazione di lavoro un grande cartello di colore rosso, interamente
scritto in inglese, avverte di qualche pericolo a cui ci si espone stando da
quella parte, ed il senso di ciò che è riportato là sopra si comprende
benissimo, tanto da apparire quasi superfluo, specialmente se si è piuttosto
esperti delle attività che si svolgono in quella zona. In caso contrario
comunque, ci sarà sempre in quella linea di produzione un capoturno lì accanto pronto
a spiegare che cosa vogliono dire quelle parole di richiamo all’attenzione,
usando sicuramente un buon italiano e delle frasi molto chiare, magari solo un
po’ urlate per superare i rumori di fondo, sempre che alla fine non sia stufo
di ripeterle, ed ammesso che chi deve ascoltarle non immagini già quello che
dietro ai discorsi scontati, possa in qualche maniera nascondersi, forse
addirittura anche in questa occasione.
Bruno
Magnolfi
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