"Ci sarà circa un metro e mezzo tra la mia scarpa
con stringhe in fondo alla gamba che tengo accavallata sopra l'altra, e la sua
calzatura elegante, devo anche dire con un tacco poco vistoso, proprio come piace a me", pensa lui con leggerezza mentre rimane seduto e quasi immobile
nella spaziosa sala d'attesa degli uffici per i tributi. Lei, accomodata compostamente proprio di fronte alla sua seggiola,
praticamente senza mai alzare gli occhi, continua a spulciare con grande interesse
le carte che tiene nelle mani, estratte ogni volta da una cartella di pelle
rossiccia, come cercando di comprendere qualcosa di più in ciò che
probabilmente dovrà presentare allo sportello, appena verrà il turno scandito
dal suo numero di prenotazione. Qualcuno poco fa ha alzato la voce da qualche
parte imprecisabile dietro alle grandi pareti mobili dove gli impiegati
ricevono il pubblico, ma tutto è durato solo qualche secondo, il tempo giusto
per far voltare appena dietro di sé la testa di quella donna, quando poi, nonostante le
diverse persone presenti, è tornata la solita calma sonnacchiosa, riempita
vagamente da un leggero ronzio, forse prodotto dall'impianto di aerazione dell'edificio. "Avrà giusto qualche anno in meno
della mia stessa età", pensa lui adesso. "Potremmo addirittura
esserci già conosciuti in precedenza, in un ambiente magari meno noioso di
questo".
Il
tabellone elettronico in alto domina l’ampia sala, ed adesso segnala che ci
sono ancora diversi utenti numerati da chiamare, prima che arrivi il suo turno,
mentre il codice della donna, stampato su un foglietto appoggiato con
indifferenza insieme ad alcune altre cose sulla seduta della poltroncina
imbottita al suo fianco, indica addirittura un numero di poco superiore. Lui
tossisce, si muove, appoggia tutt’e due i piedi a terra mostrando come una
certa impazienza, ma lei sembra del tutto indifferente a quel suo armeggiare.
Così lui estrae alcuni fogli, piegati più volte, dalla tasca della sua giacca,
e ne osserva distrattamente qualcosa che mostrano nella loro scrittura
stampata. Prosegue a muoversi, a stendere e a ripiegare la carta, fino a quando
ne fa cadere proprio un foglio, vicino alla scarpa di lei. Lui si china in
avanti a raccoglierla, e lei a quel punto non può fare a meno di notare quel
gesto e di volgere lo sguardo verso la sua direzione. “Buongiorno”, fa subito
lui; “mi scusi”. Lei sorride e saluta a sua volta, ma sottovoce, come tra sé.
Infine appoggia di fianco tutte le sue cose, come a voler liberarsi per parlare
proprio con lui, che intanto si è nuovamente seduto guardandola direttamente,
ma dopo un secondo invece si alza, osserva il contatore elettronico, consulta
l’orologio, ed infine torna a sedersi, riprendendo nelle mani tutte le sue
carte.
Lui
vorrebbe dire: "ma non ci siamo già visti?", dando fiato alla sua
prima impressione, ma la frase è talmente scontata da non concedergli alcuna
possibilità di pronunciarla. I minuti intanto procedono, e l'effetto positivo
che ci poteva esser stato un attimo prima sembra ormai svanire senza rimedio
poco alla volta. Lui vorrebbe adesso essere già lontano da lì, sgombro da
quelle insopportabili incombenze, ma cerca di resistere ancora pensando
qualcosa che magari gli possa venire in aiuto. Si concentra su ciò che dovrà
chiedere tra poco agli impiegati in quegli uffici, e poi ad esempio, se sarà
ricevuto da una donna oppure da un uomo, se sarà giovane o magari già con una
forte esperienza, se con gli occhiali oppure senza, ma questo gioco in pochi
attimi lo riporta a misurare di nuovo la distanza che improvvisamente gli
appare infinita tra la sua scarpa e quella di lei. Adesso però non si perde
neppure a contare un’altra volta i centimetri di separazione, e in ogni caso si
rende conto soltanto in questo momento di non aver fatto caso a nessun altro
tra coloro che si sono seduti o si sono alzati dalla fila di poltroncine dove
si trova, come se questa presenza femminile di fronte gli avesse attratto ogni
interesse. Trascorrono altri minuti, e d'improvviso è proprio il suo turno, lo
schermo elettronico lo dimostra con chiarezza. Allora si alza, guarda attorno
per sincerarsi di non aver perduto qualcosa, e proprio in quell'attimo lei gli
fa: "arrivederci signor Bertani", mostrandogli di colpo che
l’impressione iniziale che aveva avuto forse era fondata.
Bruno
Magnolfi
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