Spesso mi fermo ad
osservarlo, il mio vicino di casa, naturalmente senza che lui possa accorgersi
minimamente della mia presenza, nascondendomi con attenzione dietro la persiana
di casa mia, oppure immobilizzandomi all'angolo del muro tra i nostri giardinetti
confinanti, divisi per il resto da qualche metro di rete metallica,
sul retro delle rispettive abitazioni dove mandiamo avanti le nostre esistenze
parallele da una quantità di tempo quasi immemorabile. Lo scruto, lo studio,
cerco di afferrare il senso dei suoi pensieri decodificando quei gesti consueti
che gli vedo compiere più per abitudine che per necessità, almeno secondo me.
Adesso che abbiamo tutti molto più tempo per starsene tra le mura domestiche,
anche i particolari una volta irrilevanti appaiono improvvisamente, almeno per conto mio, un sicuro oggetto di curiosità e di
interesse. Io cerco di scoprire soprattutto quali siano i motivi che spingono
il mio dirimpettaio a mostrarsi quasi sempre così allegro, tranquillo,
soddisfatto di sé, contento forse di quelle minime cose di cui si interessa. Ci
deve essere un segreto dietro al suo
comportamento immagino, così lo spio, proprio per riuscire a comprendere meglio
e appieno, cosa io debba pensare di lui e
quale giudizio darne. Perché alla fine, nonostante lo veda e lo conosca da
parecchio tempo, mi pare tutto sommato un individuo sfuggente, estraneo,
forse sconosciuto. Certe volte mi accorgo che riesce
a trascorrere delle ore intere gironzolando nel suo giardinetto, e tutto questo soltanto per osservare, con
minuziosità ed una lentezza quasi estenuante, i germogli delle poche piante che
lascia crescere in un fazzoletto di terra circondato da uno stretto cordolo di
pietre piane. Naturalmente a me pare impossibile perdere del tempo dietro a
certe sciocchezze, però so quasi per certo che qualcosa mi sta ancora
sfuggendo.
Quando mi vede lui
naturalmente mi saluta, anche per dieci volte in una stessa giornata,
aggiungendo subito quelle sue piccole frasi consuete: "come va?";
oppure: "oggi c'è il sole"; o ancora: "ormai è già
venerdì", come se attendesse da me chissà quali risposte o inizi di
conversazione. Io invece mi limito in tutti questi casi a fare verso il suo
indirizzo una smorfia sorridente, senza poi neppure tornare a guardarlo, e lui fortunatamente non insiste con le sue osservazioni
che per lo più ritengo persino insulse. Quindi riprende imperterrito ad
occuparsi delle sue cose. Lo sento certe volte che sbatte qualcosa per terra
oppure su qualche parete, ed è forse una propria maniera per mostrare che lui
c’è, è presente, sta lì tra le sue stanze a perdere del tempo e ad inventarsi
qualcosa che magari ritiene persino utile. Lo tollero, questo è il punto,
perché so bene che con tutte le trovate che riesce ad adottare in qualsiasi
momento, non riuscirà mai a mostrarsi agli altri come una persona completa e
interessante. Certe volte ascolta della musica, ma lo fa senza esserne
orgoglioso, anzi, tenendo il volume del suo impianto quasi al minimo, come si
vergognasse delle proprie scelte, ed il fatto che quelle che ascolta appaiono
tutte registrazioni ormai datate, ne fa un cultore di materiali vecchi, privi
di freschezza e di originalità.
Infine incontro il mio vicino
qualche rara volta anche mentre esce di casa, ed allora lo inquadro subito nei
suoi modi particolarmente attenti ad ogni comportamento da adottare in mezzo
agli altri, ad iniziare da quel vestiario che, si vede, ci tiene molto ad
indossare, come avesse un profilo pubblico ben diverso e separato da quello
privato. Mi sembra quasi ridicolo, devo dirlo con sincerità, in quella sua pretesa
piccola eleganza, ridotta a dei termini discreti, senza sfacciataggine, come se
il suo aspetto rispondesse perfettamente ad un canone preciso, secondo il quale
i colori dell’abbigliamento, ad esempio, si devono accostare sempre con gusto,
ed ogni dettaglio non appaia mai legato al caso. Vorrei quasi evitare di
salutarlo, quando lo incontro dal droghiere
oppure presso qualche altro negozio della zona, mentre naturalmente ci
teniamo a debita distanza, ma è più forte di me l'abitudine, così rispondo come
sempre con il mio solito saluto al suo cenno composto, fingendo quella cortesia
che sembra del tutto naturale, proprio come se fossimo due vecchi conoscenti.
Bruno Magnolfi
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