Tempo fa conobbi un signore che
voleva acquistare una casa. Aveva visto per caso delle offerte affisse sulla
vetrina della nostra agenzia immobiliare, così ci aveva telefonato, e la mia
collega aveva trasferito immediatamente la chiamata ad un operatore diretto, un
vero venditore che si occupasse proprio di far visionare gli appartamenti, cioè
io. Onestamente quel cliente aveva subito dichiarato di non avere ancora le
idee molto chiare, soltanto avrebbe desiderato rendersi conto delle condizioni
di qualche abitazione in vendita nel nostro quartiere. Fissammo un appuntamento
per un sopralluogo al numero 15 di via Torcicoda, ed anche se l’appartamento al
terzo piano era completamente vuoto e necessitasse almeno di una nuova
imbiancatura generale alle pareti, questo tizio si mostrò quasi entusiasta di
quella abitazione, tanto da chiedere la possibilità di fermarla con un minimo
impegno di denaro. Iniziammo a parlare, e lui mi spiegò che era rimasto solo
oramai da diversi anni, cioè da quando sua moglie era morta improvvisamente per
dei problemi cardiaci. Parlava bene, disse di chiamarsi Antonelli, e che prima
della pensione era stato docente di storia del cinema presso la facoltà
cittadina di scienze umane. Non so come mi spiegò che il suo rammarico più
forte era quello di essersi invaghito di una sua giovane assistente tanti anni
prima, ed anche se non aveva avuto con lei nessun tipo di scambio, aveva
provato ugualmente la colpa del tradimento nei confronti di sua moglie,
all'epoca naturalmente ancora in vita.
Forse anche per questo non aveva
voluto cambiare casa quando la sua consorte era venuta a mancare, nonostante la
sua abitazione fosse troppo grande per un uomo solo, avvertendo ancora quel
senso di colpa che in casi normali non avrebbe proprio avuto alcun senso, visto
che sua moglie non aveva neppure subodorato l'aria della possibilità di un
tradimento peraltro mai avvenuto, e che l’assistente dopo poco aveva terminato
il suo contratto universitario. Però lui aveva comunque sofferto di questa
situazione rimasta poco chiara, fino a quando, appena pochi mesi fa, aveva
incontrato per caso di nuovo proprio la sua vecchia assistente, ormai divenuta aiuto
regista, sposata e molto felice della sua carriera, una volta concluso il dottorato
presso la sua cattedra. Subito dopo i cordiali e frettolosi saluti scambiati
con lei, l'Antonelli perciò si era ritrovato come libero oramai di un grande
peso, sciolto da quella sensazione a cui era rimasto legato per quasi vent’anni,
e all'improvviso si era sentito soltanto un vecchio sciocco, però
straordinariamente contento di aver trovato la giusta soluzione. Insomma quella
nuova abitazione in cui andare a vivere per lui sarebbe stata quasi una
rinascita, liberato come si sentiva adesso di ogni peso che il passato era
riuscito a infliggergli pur senza avere avuto nessuna colpa.
Ci salutammo stringendoci la mano,
con la promessa da parte sua che avrebbe attivato nei giorni immediatamente
successivi le procedure previste per l'acquisto dell'appartamento, ma
considerato che dopo un po' non giungevano da parte sua nuove notizie, mi
concessi una telefonata diretta almeno per un semplice aggiornamento. Mi
rispose una persona, a giudicare dalla voce, assolutamente diversa da quella
che avevo conosciuto, tanto da indurmi a chiedergli: <<ma scusi, è proprio
lei, il professor Antonelli?>>. <<Certo>>, rispondeva lui con
grande determinazione e serietà, <<però ho cambiato idea sull'acquisto
della casa, me ne dispiaccio; in fondo forse era soltanto un capriccio
momentaneo, a cui non potevo realmente dare seguito>>. Ringraziavo, dopo
queste parole, almeno per quella sua schiettezza, comunicando così alla mia
collega che quello che mi era parso un contratto sicurissimo, in realtà era
sfumato come niente, e che forse non si finiva mai di stupirsi nei riguardi
almeno di certe strane persone.
La coerenza, riflettevo più tardi
mentre tornavo verso casa, una volta terminato l’orario di lavoro; il tener
fede ad una parola data, ad un impegno morale scambiato con un individuo
estraneo a cui niente interessa, né deve interessare, delle vicende personali di
un cliente. Ma tutto pareva oramai cambiare rapidamente di senso e di colore sotto
gli occhi di chi per professione era costretto ad ascoltare le giustificazioni
di coloro che non riuscivano più ad esprimersi con le semplici parole più essenziali,
ma al contrario sembrava proprio, sempre più spesso, che provassero la
necessità di trovare un senso oscuro ad ogni propria scelta.
Bruno Magnolfi
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