Dopo il nostro
matrimonio, io e Laura, pieni di entusiasmo come eravamo in quel momento, ci
concedemmo, com’è normale, un piccolo viaggio. Niente di speciale, non avevamo
i soldi per fare chissà cosa, comunque si decise di andare a fare visita ad una
anziana parente di mia moglie, una donna d'epoca e di campagna ancora piena di
energie, nonostante l’età avanzata, residente da sempre in una grande
abitazione di pianura della toscana meridionale, e fermamente a capo di una
minuta fattoria coltivata, con l’aiuto di un folto gruppo di salariati, a
vigneti per la produzione di vino da tavola. Andammo con la nostra utilitaria,
dopo le sue insistenze telefoniche per incoraggiarci a raggiungerla al più
presto, e già solo il viaggio assunse subito quasi il senso di un lento
avvicinamento ad una diversa dimensione. La Maremma in quegli anni sembrava,
almeno lungo certe strade polverose battute solo da vecchi e rari trattori,
quasi un territorio di frontiera, con delle case sparse di qua e di là e affogate
in mezzo a campi distesi a perdita d’occhio. Si dovette domandare diverse volte quale
fosse la via migliore, specialmente in prossimità delle tante biforcazioni, e i
contadini interpellati ci guardavano a volte quasi con una certa meraviglia, come a sottendere che era facile capire verso
dove procedere. Giungemmo a sera, davanti ad un piccolo agglomerato di
costruzioni, tra cui si riconosceva subito la rimessa, la vecchia stalla, un
paio di grossi silos per il vino, e alla fine anche un magazzino dove forse
veniva effettuata la spremitura delle uve e la trasformazione, oltre ad una
gialla abitazione principale edificata su due piani. Tutt’intorno naturalmente
soltanto lunghi filari di viti, in quella stagione ridotte a tanti rami contorti senza più nessuna foglia.
Ci venne incontro una donna rustica,
con le mani tozze e la faccia scura, di chi ride raramente, però ci disse
subito, dopo averci abbracciato con calma e con solennità, che potevamo
metterci assolutamente a nostro agio, per godere tranquillamente di qualche bella
giornata di riposo. Mi parve esattamente l'unica cosa che ci saremmo potuti
permettere in un luogo di quel genere, ma già dal giorno seguente fummo
introdotti in un mondo affascinante di cui fino ad allora non conoscevamo quasi
nulla. Ci portarono nei vigneti, ci spiegarono i particolari della loro attività,
ci fecero assaggiare una quantità di vini diversi fino quasi a stordirci, e
quando ci misero a tavola a mangiare dettero il meglio che potevano, facendoci
sentire accolti come dentro ad una vera famiglia, forse sorridendo un po' del
nostro stupido impaccio, anche se la donna rustica e tutti i suoi aiutanti
sembravano apprezzare davvero la nostra presenza. Laura era felice, o almeno
così sembrava, lei che era stata in quella casa soltanto una volta quando era
una piccola bambina, ed adesso pareva quasi inseguire quei giochi che forse
aveva inventato sull'aia tanti anni prima. Ci sembrava in quel momento di
essere lontani da tutto, e che la nostra vita coniugale appena iniziata presentasse
in questo modo semplice i suoi lati migliori, tanto che quando giunse infine la
giornata del ritorno a casa e alle nostre attività, ci parve subito di perdere
qualcosa.
Laura mi ripeté quello che le aveva
detto già la sua prozia, cioè che avremmo potuto tornare in quella casa
esattamente quando si desiderava, magari proprio durante la vendemmia, ad
assistere al momento più bello delle loro attività, anche se in seguito non ci
tornammo più, e nonostante la nostra separazione fosse avvenuta circa cinque
anni più tardi, non si parlò quasi più tra noi della Maremma, dei suoi parenti,
e di quella casa distante un po' da tutto, tanto che quella manciata di
giornate rimase in seguito come qualcosa di isolato. Solo negli ultimi tempi
insieme seppi che era stata fatta a Laura la proposta, messa lì naturalmente dalla
sua prozia, vedova da tanti anni e senza figli, di prendere poco per volta in
mano l’azienda, magari proprio insieme a me, e di portare avanti quella che era
stata la vocazione di sempre per quei terreni. Non seppi mai nulla fino allora di
queste faccende, che forse avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi, e
qualche volta in seguito mi sono fermato per riflettere quasi per gioco su come
potesse essere stata la mia vita con quella variante inaspettata, ma riconosco
con realismo che è sempre inutile avere dei rimpianti, specialmente se le cose
che contano davvero non dipendono per nulla dalla propria volontà.
Bruno Magnolfi
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