Mi
sento depresso. Proseguo ultimamente a fare tardi dietro a qualche sciocchezza,
e mi ritrovo spesso incapace di tenere il passo di tutti gli impegni che ho. Addirittura,
lascio che il mio orologio da polso, segnando regolarmente le ore, superi i
momenti durante i quali ho deciso di fare qualcosa con puntualità, facendomi così
risultare perennemente in ritardo. Per questo stesso motivo mi sono ridotto a
pranzare e a cenare sempre più tardi, ad esempio, e frequentemente mi capita di
giungere agli appuntamenti, che io stesso ho fissato con qualche cliente
dell’agenzia immobiliare, trafelato e in ritardo. Mi sembra di provare ogni
tanto un gusto particolare nell’accorgermi d’improvviso che qualcosa o qualcuno
mi sta aspettando, anche se sono costretto ad inventare sempre nuove scuse,
anche con me stesso, per giustificare il mio comportamento. Così ormai sono tra
gli ultimi che si recano a mangiare la sera alla tavola calda “da Mauro”, e persino
un paio di volte mi è capitato di trovare il locale già chiuso. Quando Luciana,
che in genere mi serve qualche piatto riscaldato al momento, mi chiede
scherzosamente il motivo del mio ritardo, io non so proprio che dirle, visto
che i miei orari appaiono anche a me sempre più disarticolati.
Stasera
poi sono in assoluto l’ultimo cliente del giorno per questa rosticceria, e
mentre mangio qualcosa al tavolino quando già hanno messo via tutto quanto dal
loro bancone, Luciana improvvisamente viene da me e mi chiede se mi va di
accompagnarla fino a casa, una volta terminato di cenare. <<Così puoi
spiegarmi cosa c’è che va così a rotoli, nella tua giornata>>, mi dice
ridendo ma con serietà. Annuisco, dopo tanto tempo che studio la maniera, senza
mostrarmi troppo invadente, per invitarla ad uscire una volta con me,
all’improvviso mi ritrovo ad essere sollecitato da lei per fare proprio quello
che maggiormente desidero. Finisco, attendo cinque minuti, sento che lei dice
qualcosa a suo padre sul retro dove stanno la cucina e i servizi, poi eccola, senza
il solito grembiule e coi capelli ben ravviati. <<Abito poco
lontano>>, mi fa subito; <<però a quest’ora non mi sento mai
perfettamente tranquilla a camminare lungo queste strade, e mio padre stasera
deve trattenersi al negozio>>. Sorrido, ho paura di apparirle impacciato,
e in questo modo ci riesco sicuramente, ma forse non me ne importa neanche qualcosa,
tutt’altro: mi sento felice di essere insieme a Luciana, di poterle parlare,
stare da solo con lei.
<<Stai
lavorando un po’ troppo>>, mi chiede subito lei mentre mi appoggia una
mano sul braccio, ed io non so che risponderle, visto che non è del tutto vero,
mi occupo delle cose di sempre in agenzia, e non è affatto quello il mio vero
problema. Così prendo del tempo, osservo qualcosa sul marciapiede, mi
schiarisco la gola. <<La mia solitudine sta diventando sempre più
insopportabile>>, le dico di colpo, meravigliandomi delle mie stesse
parole. <<Mi perdo, allungo i tempi per fare qualsiasi stupida cosa, che
sia una doccia oppure acquistare le sigarette, e così mi ritrovo sempre in
ritardo. Ma di fatto cerco soltanto di non essere solo, per questo stasera sono
felice che tu mi abbia chiesto di camminare con te>>. Luciana sorride,
forse ha capito perfettamente quale sia il mio problema, e mi sta persino
aiutando. <<Quando ti senti così solo però, potresti telefonarmi, magari
fuori dall’orario in cui sono in rosticceria>>, mi dice sottovoce, quasi
come mi stesse regalando una cosa preziosa, da accogliere in punta di piedi.
<<D’accordo>>, le dico, ridendo di me per il leggero imbarazzo, ma
anche per la promessa che le sto facendo. Poi arriviamo davanti casa sua, lei
dice che adesso va via, ma dobbiamo parlare ancora di quell’argomento, il più
presto possibile. Annuisco, la saluto, poi aspetto che entri dentro al portone
del suo condominio.
Era
facile, mi dico mentre guardo attorno la strada in questo momento così poco
trafficata; mi sento d’improvviso addirittura un’altra persona, come fossi
ancora, alla mia verde età, un ragazzino a cui accadono delle cose talmente
piacevoli da restarne paralizzato, da sentirne nella pelle i brividi dell’emozione.
È bello parlare, spiegare ciò che si sente, scambiare le proprie opinioni con
qualcuno che ha ancora tempo e voglia per stare lì ad ascoltarti, ed è
esattamente quello che oramai mi manca sempre di più, anche se cerco di essere del
tutto indifferente a questo aspetto incallito della mia giornata. Perché, come
a tutte le cose, si fa presto l’abitudine anche nel confrontarsi ogni volta soltanto
con sé stessi, almeno fino a quando non si arriva a rendersi conto che non è
esattamente così che dovrebbe succedere.
Bruno
Magnolfi