Ci
sono dei giorni in cui sono allegro. Mi sento positivo, ho voglia di parlare
con chiunque, di spiegare a tutti che le mie cose, non so neppure come, vanno comunque
tutte bene, che non ci sono grandi preoccupazioni, e che se pure c’è qualcosa
di storto all’orizzonte presto troverà sicuramente un’adeguata soluzione. Non
dura molto, è naturale, e già dopo l’aggiornamento in agenda degli appuntamenti
per l’agenzia, mi sembra che qualcosa inizi rapidamente a scricchiolare, come
se la costruzione delle illusioni messa su fino ad allora mostrasse subito dopo
ampie zone di cedimento. In giornate del genere vorrei non dover rispondere ad
alcun obbligo, ed andarmene in giro in piena libertà. Invece devo far visionare
degli appartamenti a certi individui che appaiono scontrosi, pieni di dubbi,
privi di qualsiasi fiducia verso chiunque. Uno di questi mi dice che la casa in
cui ci troviamo potrebbe anche andargli bene, ma il prezzo è troppo alto, e lui
non intende certo sobbarcarsi un debito del genere per i prossimi quindici o
vent’anni. Annuisco, gli spiego in due parole che abbiamo in vendita degli
alloggi più piccoli, meno costosi, non ci sono problemi nel fargli vedere
qualcos’altro. Ma quello mi guarda con espressione accigliata, come se avessi
tutta la colpa dei suoi problemi, e sgarbatamente mi dice che per una casa più
piccola può restare tranquillamente dove abita adesso. Sollevo le spalle, non
so proprio come aiutarlo, in ogni caso non vedo l’ora che se ne vada e mi
liberi lo sguardo dalla sua presenza.
Ma
tutto a quel punto sembra lavorare contro di me, ed il tizio inizia a parlare
di sconti sulla cifra finale, di dilazioni di pagamento, di possibilità per
avere allo stesso prezzo anche una rimessa per la macchina non certo prevista.
Cerco di convincerlo che nessuna di queste richieste può andare in porto, e che
il prezzo che gli ho proposto è il minimo possibile. Sembra infuriarsi, dice
che non si è mai sentito dire in giro di una cifra così non trattabile, che è
addirittura mio dovere preciso andargli incontro accordandogli condizioni
migliori. <<Mi dispiace>>, dico alla fine proprio per chiudere
quella discussione sterile, e allora lui tira fuori che mi ha già visto qualche
volta a bere in un locale di quella stessa zona, e che addirittura sa bene
quale sia la mia utilitaria, come se questo dettaglio fosse già una specie di
minaccia. <<Va bene>>, gli faccio, <<ma questo non cambia di
una virgola le cose, tanto più che io sono soltanto un impiegato dell’agenzia
immobiliare, e non posso mai superare per nessun motivo i margini di trattativa
che mi vengono imposti. Alla fine quello decide finalmente di smetterla e
andarsene, così io richiudo alle mie spalle l’appartamento, ma mentre scendo le
scale quello mi dice che in ogni caso ci sarà l’occasione per rivederci, in
maniera ancora minacciosa. Vorrei reagire in modo violento, ma mi trattengo.
Quando
infine siamo in strada, un attimo prima di salutarmi, l’uomo inizia a dire che
la sua è una situazione difficile, che la sua figlia maggiore adesso è in stato
interessante, ma non si sa chi sia il padre, e quindi ci sarà una bocca in più
da sfamare nella sua famiglia. Lo guardo dritto negli occhi per un momento, poi
metto via le mie cose e muovo il passo per andarmene, ma quello mi trattiene
per un braccio, dice che avrebbe bisogno di un aiuto, ma io gli sposto la mano
e me ne vado. Arrivo a passo rapido fino alla fermata degli autobus, e quando
passa il primo mezzo salgo subito sopra, anche se non è della linea che mi
serve. Fallani, si chiama quell’uomo che ho appena lasciato, ed adesso che ci
penso con un po’ di calma, anche a me pare di averlo già visto da qualche
parte. Cambio autobus alla fermata successiva, e dopo poco riesco a rientrare
nell’agenzia, visto che quello era l’ultimo appuntamento che avevo. Elisabetta,
dopo un momento, mi dice che ha telefonato da poco un signore lamentandosi
delle maniere sgarbate che avrei mostrato nei suoi confronti. Naturalmente a
lei dico subito la verità di come sono andati realmente i fatti, ma Elisabetta
mi guarda strano, come se ci fosse qualcosa adesso che non le torna.
<<Forse potevi telefonarmi mentre trattavi>>, mi dice.
<<Magari avrei trovato una soluzione con questo signor Fallani. Oppure ti
avrei indicato al contrario la maniera migliore per liberartene in
fretta>>. Mi sento preda di un attacco di nervi; ma non mi va di darlo a
vedere, così mi rinchiudo nelle mie cose da fare; poi, senza dire un’altra
parola, saluto di fretta e me ne vado.
Bruno
Magnolfi
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