Aldo
Ferretti è un tipo taciturno, ombroso, in qualsiasi situazione sempre con la
faccia seria, a meno che non beva un bicchiere o due insieme agli amici giù
all’osteria, dove in genere fa una sosta non troppo lunga prima di rientrare a
casa sua poco prima dell’ora di cena. Le sue mani sono sempre scure, macchiate,
certe volte anche unte di grasso, ed anche se le lava a lungo nel lavabo della
sua officina, non tornano mai del colore naturale della carnagione. Lui ripara
le macchine, cambia l’olio al motore, si prodiga a riparare tutto quello che
per usura è destinato a rompersi, e nel paese chiunque possieda un’automobile,
di qualsiasi marca essa sia, prima o dopo fa un salto da lui. Certe volte si
ritrova anche a pulire gli iniettori del motore di qualche macchina agricola, o
a fare delle semplici saldature sui sostegni di un carro, di un erpice, o anche
di un vomero, anche se ciò che più lo appassiona è mettere a punto e a regime
qualche motore un po’ scarburato, oppure andato completamente fuori di
sintonia, tanto da farsi dire da qualcuno, in modo leggermente ironico, che
solo lui in paese possiede delle preziose mani d’oro. Lavora, si rende utile
per gli altri, trova comunque impossibile e deplorevole che ci siano delle persone
che si disinteressano dei piccoli problemi dei propri concittadini, e che
vivono nel proprio egoismo senza trovare la maniera migliore per rendersi
utili. Per questo Aldo quasi non sopporta quel Toni Boi, suo cognato; perché
lui sta a rimorchio degli altri, e mette in tavola i propri problemi senza
contribuire mai a qualche soluzione.
Naturalmente
tutti lo conoscono, qualcuno passa anche dalla sua officina solo per fare due
chiacchiere, anche se Aldo Ferretti ascolta gli altri mentre lavora, ma
difficilmente trova qualcosa da dire a sua volta. Le sue parole concrete sono
le cose che compie, ciò che riesce a riparare o a mettere a punto, il resto
secondo lui è soltanto un po’ d’aria di gola. Anche quando si ferma a fine
orario nella solita bettola, certe volte con indosso ancora la sua tuta da
lavoro, si beve un sorso di vino rosso in piedi al bancone e intanto ascolta chi
sta dicendo qualcosa, come se quella fosse la sua naturale fonte di
informazioni su come vanno le cose là attorno. Molto spesso qualcuno paga per
lui la sua bevuta, ma per Aldo non fa differenza: lui tratta gli altri tutti alla
stessa maniera, senza piegarsi a ringraziamenti o a comportamenti di favore nel
momento in cui rimette il conto finale di qualche intervento compiuto sulla
macchina di uno oppure di un altro. Se poi qualche sventurato che non segue
troppo gli eventi del proprio paese gli chiede qualcosa su Toni Boi, lui non
risponde, lascia che l’argomento decada, che ogni domanda trovi la propria
risposta in colui che l’ha appena formulata. Se invece, mentre si trova nella
piazzetta del paese ad ascoltare qualcuno, è proprio quel Toni Boi che si
avvicina al gruppetto, allora, senza dire niente a nessuno, è subito pronto ad
andarsene.
Non intende
avere qualcosa a che fare con suo cognato, pur riconoscendo i suoi gravi problemi
mentali; tuttavia, crede che in lui non esista un benché minimo briciolo di buon
senso. Si lascia accudire, si accontenta della minestra che gli viene passata
in una casa non sua, se ne sta da solo ogni sera nella propria stanzetta, semplicemente
a sfogliare qualcuno dei suoi libri, e poi trascorre tutta la giornata
girellando per le strade del paese senza combinare niente di niente. Secondo il
suo parere è soltanto un parassita, considerando che di cervello ne avrebbe, e
se solo volesse, potrebbe tranquillamente trovare un’occupazione leggera che lo
riabiliti agi occhi di tutti i cittadini che lo conoscono. I libri a cui si
dimostra tanto affezionato, poi, sono quelli che aveva collezionato quando era
viva sua madre, che non gli faceva mancare mai niente, compresi quegli inutili
volumi che adesso servono soltanto ad ingombrare l’appartamento in cui viene
ospitato. La moglie di Aldo non vuole sentire suo marito quando dice qualcosa su
suo fratello: sono stati piccoli assieme, loro due, hanno spartito una vita
semplice da bambini, poi, quando lei si è sposata, lui è rimasto con la loro
madre che intanto invecchiava, ed anche se Antonio fingeva di occuparsi di lei
e di far funzionare la casa, in realtà aveva già cominciato a dare dei segni di
scarso equilibrio mentale.
Quando la
loro madre è morta, a lui è venuto a mancare il fulcro attorno a cui girava tutta
la propria giornata, ed anche se il suo più grande rifugio in quel momento era
rimasto lo sprofondarsi nella lettura e nella consultazione di tutti quei libri
che la mamma gli aveva permesso di comprare e ordinare a dozzine, ugualmente la
sua mente non era riuscita a spingersi avanti e a superare quel lutto. Per
questo, in considerazione di tutto, sua sorella si era vista costretta a
rivolgersi a quella clinica dove Antonio, in periodi diversi e vicini tra loro,
aveva trascorso proprio un sacco di tempo.
Bruno
Magnolfi