lunedì 26 maggio 2025

Non vogliono sentire.


            Qualche volta mi ritrovo ad urlare. Non perché desideri attirare l’attenzione su di me, quanto per segnalare agli altri la loro incapacità a correggere gli errori che compiono, come ad esempio vivere nella completa indifferenza di ciò da cui sono costantemente circondati. Mi interessa segnalare soprattutto il momento quando qualcuno si dimostra incapace di muovere una propria autocritica, perché credo che sia proprio così che le persone non migliorino mai, cioè evitando di analizzare i propri comportamenti e poi depurarli poco per volta da ciò che appare più deteriore. Spesso, perciò, quando mi accorgo che è esattamente ciò sta proprio capitando, allora urlo. Se mi dicessero che mi comporto sempre alla stessa maniera, sarei capace sicuramente di cambiare registro, di variare il mio atteggiamento, ma nessuno normalmente sembra neanche accorgersi dei miei segnali, e così tutto termina senza che avvenga effettivamente qualcosa di significativo. Va da sé che non ho molti amici. E le conoscenze che frequento ogni tanto non sono neppure sicuro che sia possibile considerarle delle vere amicizie. Anzi, se si esclude una vicina di casa con la quale mi fermo quando la incontro, ed il negoziante dei generi alimentari del mio quartiere, sempre in vena di spiritosaggini, non ho altre persone che di fatto si fermino a parlare con me e a chiedermi come vadano le cose. 

            Non ha molta importanza, il mondo deve migliorare, continuo a pensare, basta che ognuno riesca a comprendere cosa ci sia che non va nella propria giornata, quali siano gli aspetti da rivedere, i risvolti ai quali dare un deciso aggiornamento. Chi mi vede più spesso per strada, nel quartiere dove abito nella casa di mia sorella, ormai lo sa che a volte parlo da solo, e certe volte lo faccio a voce molto alta. Forse sorridono del mio comportamento, perché non si rendono conto che qualcuno deve pur prendersi la briga di segnalare le cose che non vanno per il verso giusto. Ad esempio, certe volte entro in una bettola poco distante da dove vivo, e lì ci trovo ogni volta dei tizi che parlano sempre di politica, come se fossero in grado solo parlandone di smuovere qualcosa negli alti vertici. Si scontrano, ognuno dice la propria, conservando la pretesa di essere dalla parte più giusta e di soffocare, con l’effluvio di parole che riescono a mettere insieme, l’opinione degli altri. Naturalmente dopo poco smettono, con la piena consapevolezza però che ognuno rimanga esattamente della stessa opinione di prima. Mi chiamano il matto, quando urlo verso di loro delle frasi a caso, quasi prive di senso, come imitando il loro comportamento, e poi però mi lasciano perdere.

            Non ci sarebbe bisogno di grandi discussioni, di chiacchiere continue sui soliti argomenti, e neanche di affidarsi a dei professionisti, e né di alcuna cura o medicina, vorrei dire a ciascuno, se solo si adottasse il mio metodo. Sarebbe sufficiente che ogni individuo svolgesse costantemente una sana e decisa autocritica su ciò che pensa, o che fa, o che crede più vero, o che addirittura si dimostra capace di sentire dentro di sé, per giungere facilmente ad un semplice progresso del proprio stato e anche di quello degli altri. Quando uscii dalla clinica psichiatrica, molti anni fa, provai a dirlo a tutti, a spiegare ad ogni persona che incontravo per strada come fosse facile questo metodo, ma nessuno a quei tempi mi prese mai troppo sul serio. Ma io rimango convinto di questo sistema, anche se riconosco sia molto più facile dichiararsi convinti di qualcosa e poi proseguire a mantenere costantemente la stessa opinione. Credo che lo scopo finale per tutti sia il progresso, il miglioramento delle condizioni di vita, la capacità di un mondo ottimista in grado di offrire a tutti le stesse opportunità, e di scartare poco per volta tutto ciò che appare assurdo e non utilizzabile.

Qualcuno nella solita bettola dice che queste sono solo utopie, e che tutto invariabilmente è destinato poco per volta a peggiorare, e prima o dopo saremo tutti costretti a rivivere anche gli incubi più terribili dell’umanità, e che l’unica cosa da fare è quella di prepararsi al peggio. Io non ci credo, sorrido quando sento quelle persone tra loro che parlano così. Ognuno deve migliorare sé stesso, penso; ognuno deve fare uno sforzo per rendersi più capace di accettare le idee altrui, e dare la possibilità di modificare quelle più sbagliate. Allora urlo. Prima cercano di calmarmi, di farmi smettere. Poi mi spingono lentamente fino alla porta, e quindi mi trascinano fuori, sulla strada, fuori da quella bettola, dove provoco meno fastidi. È tutto inutile penso, quello che cerco di spiegare è la pura verità. Queste persone dentro la bettola non vogliono sentirsi dire qualcosa da uno che è stato tanto tempo in una clinica psichiatrica, e allora mi rifiutano, mi mandano via, mi mettono in condizione di dare il meno fastidio possibile, ma in fondo vogliono solo che io faccia i miei urli sui loro comportamenti sbagliati da qualche altra parte, perché nessuno li vuole davvero sentire.

 

Bruno Magnolfi

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