Spesso, noi
del paese, ci fermiamo a parlare, o a discutere, insomma a dire la nostra, lì
in piedi, subito fuori dall’osteria dove si gioca a carte e si beve qualcosa, e
quasi sempre, mentre stiamo davanti al locale, ma senza dare noia a nessuno, e
siamo tutti impegnati a dire le cose così come le pensiamo e come ci escono
dalla bocca, ecco che arriva immancabilmente Toni Boi, come lo abbiamo
soprannominato, che ci interrompe con i suoi urli e quegli strepiti quasi
insensati. Da ragazzo era uno qualsiasi, Antonio si chiama, uno di noi, che
stava forse sempre un po’ troppo attaccato alla gonna di sua madre, e non
veniva mai a giocare con gli altri ragazzi della sua età, e tutti si pensava
che fosse timido, che non avesse l’indole o il coraggio per buttarsi un po’ in
fuori e mostrare davvero come era fatto. Non ci siamo mai preoccupati per lui,
neppure un pochino, perché non dava l’impressione di essere uno diverso da
tutti, uno che si sarebbe dimostrato quello che è oggi, un mezzo pazzo, una
persona ormai adulta che non serve a niente e a nessuno, ed è solo capace di
dare noia ai suoi concittadini. Già, perché Toni Boi ci viene vicino, in
silenzio, si accosta al nostro gruppetto mentre siamo intenti a parlare di
qualcosa e a scambiarci le nostre opinioni, e poi comincia ad urlare.
Qualche
volta l’ho tirato da una parte, gli ho chiesto: <<Ma che c’è? Cos’è che
non ti va bene in quello che stiamo dicendo? Perché ci interrompi con i tuoi
strepiti che non servono a niente?>>, ma lui non risponde in questi casi,
anche se, quando si calma, spiega con poche parole che in pratica stiamo tutti
sbagliando comportamento, e che l’unica maniera per salvarci da questa rotta di
collisione quasi inevitabile per tutti quanti, è cercare di cambiare, e sforzarsi
per essere migliori, magari abbandonando le proprie opinioni, e per far questo
dobbiamo imparare ad essere critici, sia con noi stessi, che con tutti gli
altri. Noi non sappiamo dove abbia imparato questi concetti, ma quelle volte
che si mette a spiegarci le sue opinioni restiamo quasi sbalorditi, anche se
naturalmente non possiamo essere d’accordo con lui. E poi preferiamo di gran
lunga prenderlo in giro, battergli una mano su una spalla e chiedergli con
ironia se in questo tratto di strada abbia trovato molte persone che si cono mostrate
all’improvviso convinte delle idee che lui professa.
Ma Toni Boi
non ride, non riesce ad avere lo spirito che potremmo credere di instillargli;
prende tutto sul serio, ci osserva solo di sfuggita con i suoi occhi sempre
senza un punto preciso verso dove posare lo sguardo, e poi ripete la sua teoria:
l’autocritica, il migliorarsi, la salvezza per il mondo, tutte cose che ormai
abbiamo imparato a memoria dalla sua voce. Sappiamo tutti che da quando è morta
sua madre lui non c’è più stato con la testa, e sappiamo pure che ha trascorso
dei lunghi periodi in una clinica psichiatrica, dove purtroppo gli specialisti non
riuscivano a fargli ritrovare un po’ di equilibrio mentale. Qualcuno tra di noi
ha ancora paura dei suoi urli e delle sue sfuriate, ma in generale tutti si
sono resi conto che non è affatto pericoloso, perché è soltanto fissato su
certi argomenti, e secondo il suo parere tutti dovremo presto fare i conti con
quello che afferma. Noi però non gli crediamo, alziamo le spalle e tiriamo
avanti, facciamo dei sorrisetti di compatimento quando parla, oppure continuiamo
a parlare tra noi, ma le sue parole difficilmente sono buttate là a caso, si
sente benissimo che hanno un proprio senso, una base, quasi una filosofia che
le sostiene.
<<Non
ci interessa migliorare>>, gli dice certe volte qualcuno di noi per
stuzzicarlo. <<Potremo stare qui per anni a parlare e a discutere, dando
dimostrazione di una cosa oppure dell’altra, portando degli esempi e
richiamando alla mente fatti e situazioni già accadute nel passato o poco fa,
ed ognuno alla fine rimarrebbe comunque della stessa opinione che aveva avuto fino
ad un attimo fa, senza cambiare mai di una virgola>>. Si fa silenzio.
<<Il fatto più importante di tutti>>, si cerca di spiegargli,
<<è che ci sono sempre delle ragioni di fondo per cui una persona ha
un’opinione sul mondo invece di un’altra, ed è impossibile che usando delle
semplici parole si possa adesso scardinare quel proprio modo di vedere le
cose>>. Toni Boi resta ancora in silenzio; ci guarda con quella sua
maniera nervosa di girare gli occhi da ogni parte, poi si allontana di un passo,
prende fiato, muove le braccia, e alla fine si mette ad urlare, come se gli
avessimo detto che non c’è niente da fare, che nessuno potrà cambiare mai il
proprio stato, e che l’unica maniera di stare al mondo è quella di adattarsi a
quello che offre. Se ne va, senza salutare, come fa sempre, immerso nelle sue
idee, nei suoi pensieri, nella sua strana capacità di osservare le cose e di
farsene una sua precisa opinione.
Bruno
Magnolfi
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