martedì 20 maggio 2025

Anche di te.


Chissà, in tutto questo periodo, quanto è cambiata, mi chiedo. Probabilmente già in precedenza aveva iniziato ad essere sempre più distante da me, anche se io non mi ero accorto praticamente di nulla, almeno fino a quel confuso momento in cui aveva cominciato a non considerarmi quasi per niente. Un periodo incerto, per me. Per lei invece un periodo di scelte importanti, di desideri nascosti fino ad allora, ed improvvisamente affiorati di colpo alla superficie della sua volontà. Forse non la riconosco neppure quando la vedo, o magari è talmente freddo il suo comportamento nei miei confronti da lasciarmi la sensazione di una persona che io non abbia mai neppure conosciuto. Certo, un figlio cambia completamente qualsiasi prospettiva. Forse è proprio questo il divario più forte che si è stabilito adesso tra me e lei. In ogni caso, sono curioso di vedere questo bambino, e di osservare Monica mentre lo accudisce, lo culla, si prende cura di lui, insomma fa la sua mamma. In clinica mi hanno tolto anche i pensieri che mi potevano essere rimasti impigliati nella mente durante l’ultima volta che sono stato nel suo appartamento. Mi hanno spinto lontano, opacizzando nella mia testa tutta quella zona che ancora si occupava di lei. Adesso ho soltanto dei ricordi lontani nei suoi confronti, qualcosa che forse non è più neppure in relazione con Monica.

Credo mi piacerebbe comunque restare in buoni rapporti, farle una telefonata ogni tanto, parlarle del lavoro, dei colleghi, delle mie giornate, e poi chiederle della crescita del bambino, dei suoi progressi, delle piccole soddisfazioni che offre. Ma forse è meglio lasciare direttamente a Monica la scelta su quali vecchie conoscenze conservare oppure no, anche se io nei suoi confronti sarò sempre disponibile, non foss’altro in memoria di ciò che avrebbe potuto essere, e purtroppo non è stato. Non mi sento rassegnato a perseguire un’esistenza piatta e senza interessi, però sono pronto a non sacrificare niente di quel poco che mi è riuscito di coltivare nei periodi trascorsi. Ai miei genitori non ho detto che sarei andato a casa di Monica a far visita a lei e al suo bambino; forse non avrebbero compreso affatto il mio stato d’animo attuale, il mio bisogno di aggiornare i miei sentimenti, di dare uno sbocco a ciò che, pur lievemente, resta ancora acceso dentro di me. No, loro no; forse Monica potrebbe riuscire a capire qualcosa in questo momento di quello che provo, ma io non le parlerei mai di tutto questo, e di fronte a lei cercherei sempre e in ogni caso di sminuire qualsiasi riferimento ai miei sentimenti trascorsi, pur residuali.

Poi giungo alla base dell’elegante palazzo, parlo un attimo con il portiere che mi guarda con un certo sospetto, infine attendo immobile e in silenzio che lui citofoni alla governante di Monica, e che alla fine mi faccia segno di passare, e di usare l’ascensore di destra, quello che sale direttamente fino al vasto attico dove abita lei. Le porte automatiche si chiudono con un fruscio rilassante, e lo specchio di lato dentro la cabina metallica, impreziosita da qualche cornice in legno scuro, rimanda un’immagine di me che forse non sembra neppure del tutto autentica, come se stessi cercando di impersonare qualcuno che sicuramente non sono, anche se, subito dopo aver pensato una cosa del genere, mi giro di fianco, nel tentativo di superare un’idea così fuorviante. Sono quello che sono, cerco di riflettere, provando a convincermi che niente mi farà mai cambiare. Le porte automatiche, infine, si aprono con lo stesso identico fruscio, ed io esco dalla cabina, anche se all’improvviso non sono del tutto sicuro di aver fatto la cosa migliore possibile arrivando fin lì.

La governante mi accoglie, prende dalle mie mani il mazzo di fiori che ho portato per Monica e per l’occasione, ma la sua espressione non è rilassata, e forse prova sicuramente ancora qualche sospetto nei miei confronti. Poi mi fa strada verso l’ambiente che già conosco, dove Monica si mostra adesso presa nel ruolo di madre e di donna forse ferita, però capace di superare qualsiasi incidente. <<Buongiorno>>, dico quasi per automatismo, e lei si volta verso di me, si alza, prende la confezione di fiori dalle mani della governante, e li apprezza aspirandone il profumo con un sorriso. Poi torna a voltarsi verso Giacomo, dimostrando perfettamente che non c’è niente che possa distogliere ogni sua attenzione da quel bambino bello e sorridente, posizionato in mezzo ai tanti cuscini. <<Si vede, che è tuo figlio>>, le dico in un soffio. Lei si fa seria, mi ringrazia, mi dice qualcosa di quel bambino, me lo presenta, mi mostra tutto il suo amore che riesce a provare per quel suo figlio.

Quando, alla fine, dopo aver considerato ormai tutto quanto, decido che è meglio se vado, Monica fa un cenno alla sua governante, e mi accompagna fino alla porta: <<Puoi tornare, se ne avrai voglia>>, mi dice. <<In fondo, questo bambino, possiede sicuramente qualcosa anche di te>>.  

 

Bruno Magnolfi    

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