martedì 15 marzo 2011

Il messaggio perduto.




Quei pochi alberi svettanti sotto al vento, laggiù, in fon­do alla strada. Un'ironia, nient'altro che una stupida ironia. Il resto è fermo, un panorama di oggetti che è come un quadro pesantemente inchiodato a una parete spessa, fermissimo, come co­stituito di sali già decantati e ben solidi e asciutti sopra la tela, come se questa fosse un rigido insieme, un corpo ormai uni­co con il muro al di sotto.
Questa strada è ancora deserta, i miei vetri sono opachi, offuscati dal mio alito. Tutto quanto è fermo, anche il tempo. E la casa di fronte appare leggera, friabile, con pareti lisce al cui interno si annidano porosità senza fine, bolle d'aria mi­nute disperse all'interno dei muri, da tutte le parti. Un biscot­to, da prendere con la mano e spezzare; qualcosa di leggero che cede facilmente sotto a una forza pur minima, che si può frantu­mare, che si sbriciola.
Difficile scrivere un messaggio. Articolare alcune parole dotandole di un senso compiuto; girare attorno a qualcosa che as­suma via discorrendo più importanza, giocare magari su un senso o su un altro di una parola un po' ambigua, e arrivare diretti a spiegare ciò che si ha in mente, o almeno lasciarlo capire. Scivolare leg­geri sulla propria speranza annidata tra i puri pensieri e conclu­dere con un qualsiasi gesto eloquente di chiara generosità. Innestare il contatto, o almeno provarci, senza rudezze, sen­za cercare forzature; lasciare che scorra qualcosa di leggero, come una piccola vena subito sotto la pelle, azzurrina e contorta, che abbia in sé qualcosa di fresco, un senso di vita, una voglia di nuovo. Un piccolo ruscello di acqua leggera, ecco, che scenda saltellando da un picco, da una roccia riarsa, ingiallita, e an­naffi più a valle le radici di un bosco assetato.
Ecco, questo è ciò che avrebbe importanza; trovare un sistema qualsiasi, una formula di natura casuale che allacci un insieme che prima non c'era, che produca un collegamento diretto su una base completamente inventata, che assuma un valore decisamente non ignorabile, e in ogni caso abbia il senso di qualcosa che rima­ne in sospeso, con degli sviluppi del tutto imprevedibili.
Parlare di cose del tutto inventate, il più possibile eteree, senza fornire un fattore preciso che costituisca possibilità di raffronti; sorvolare su tutto, quasi come si parlasse di niente, ma tenere ben fermo il filo sottile, insinuante, dell'enorme pas­sione che giustifica il tutto, che sostiene ogni passo, qualsiasi follia. Dimostrare un poco di estro, la capacità di essere aperti, di esse­re capaci di andare anche più in là. Mostrare il proprio coraggio, senza vantarsi, solo come sortisse dalla propria natura, dalla propria porzione di noi non controllabile.
E lasciare intuire, non segnalandole, meditazioni su tutto, sui fatti importanti da cui siamo dominati, sui grandi valori ri­masti invariati dall'alba dei tempi; ed essere chiari sul saper cogliere l'attimo giusto di ogni cosa, come un dono di natura che permetta ogni volta di conoscere il momento adatto per compiere un gesto, per dire una cosa, per farsi sentire. Dietro si muovo­no esperienze inaudite, forse grandi viaggi, un filo di fascino per qualcosa che non è chiaro, come una fuga non ancora realizzata, apparsa in un sogno, in una visione improvvisa. Introspezioni decisamente particolari, personalissime, come una metà di se stessi che lotti con l'altra metà, e dimostri co­scienza, grandi intuizioni, e forse anche una certa stravaganza, ma dia anche il senso, indubbiamente, di una grande sensibilità. Traumi infantili assorbiti nel tempo con coraggio deciso, una volontà sicura; e forse grandi avventure, o voli pindarici vissuti ad occhi aperti, ad assorbirne quasi il succo, la linfa vitale.
Personaggi incredibili che sorgono certe volte dall'ombra, sfu­mate conoscenze che rimangono in sfere sospese per anni lunghissi­mi, finché escono fuori improvvise, e gettano una lingua di lu­ce, un nuovo colore, una diversa maniera per guardare le cose. E poi grandi scelte, sembianze magari bizzarre che nascondono in fondo delle idee maturate nel corso di anni, come uno stesso pen­siero affrontato e risolto ogni giorno, fintanto che il suo risul­tato non diventi un bisogno, un'enorme esigenza: una voglia di nuovo, di vita diversa. Qualcosa a cui appas­sionarsi, applicarsi in maniera totale, anche senza sembianze da grande motivo, da fede abbracciata. Un interesse piccolo e stu­pido ma che interiormente sia un fiume, una forza, un evento, una grande invenzione che dia più impulso alla vita, che scavando ne scopra significati diversi, e lasci accettare anche il resto, anche i fatti più tristi, le cose più grigie, le giornate più vuote.
Nuovi tempi, da scoprire all'interno del già collaudato, nei monotoni giorni che scorrono, nei soliti gesti, nei medesimi ogget­ti di sempre; e una fiamma all'interno che ne bruci la patina, che ne tolga quel velo impossibile, quella polvere fine e antipa­tica depositata negli anni.  Fantasmi di sensi, di idee, di im­possibili elogi neppure considerati al momento, o scartati per forza, sepolti da solenni risate; ed ora risorti da una memoria incoerente, da un gusto di antico, o usciti da dentro in un urto di vomito, impastati framezzo alle solite cose, alla noia, al di­sprezzo, ai succhi linfatici di un corpo non sano.
E poi quel "perduto" che sempre ritorna, tra il senso di im­broglio che genera il proprio cervello, tra le cose fissate, inu­tili, assurde, e i pensieri smarriti, le riflessioni importanti che una volta erano là, ne siamo sicuri, ed adesso si staccano e scemano, sfuggono, si riducono ad appunti infantili, organismi imprecisi, sacche già usate che trattengono poco, e in più perdo­no proprio quel senso importante di uso che le ha ridotte così.
Difficile scrivere un messaggio; parlare di tutto a una per­sona che sfugge, che io non conosco, che ogni parola può interpre­tare in maniera diversa, dandole un altro valore, un diverso significato, che magari risulta protesa verso qualcosa che per me è incomprensibile, o si perde dietro a luoghi comuni, a quotidia­ne tristezze. Forse i suoi sensi percepiscono cose che a me so­no sfuggite; forse i suoi occhi vedono fatti che mai, in ogni ca­so, riuscirei ad osservare. Tra me e lei sicuramente c'è un baratro, differenze incredibili, e solo con sforzi pazzeschi pos­so tentare un collegamento di qualsivoglia natura.
Forse è solo un'idea, una ricerca utopista, un tendersi e­stremo in un gioco perduto in partenza; è il credere profondamen­te in qualcosa che si sa già impossibile, ed è forse per questo che diviene più serio, ancor più impegnativo. Una battaglia sen­za nemico, nella quale annullare se stessi, il realizzarsi di un sogno a cui concedere tutto, indifferenti a qualsiasi risultato.
Quegli alberi dritti, infilzati per terra, che non chiedono nulla ed offrono ancora di meno; e inchiodano il quadro, lo ten­gono immobile, come tutto qua attorno, come la gente che passa.

            Bruno Magnolfi

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