Procedeva lentamente con la sua utilitaria, la signora
Adele Macchi, lungo la strada per tornarsene a casa, quando le venne da ridere,
ma senza un vero motivo, solo così, per una voglia improvvisa e inspiegabile.
Accostò con l’auto vicino al marciapiede, fermò del tutto la marcia per
guardare qualcosa dentro la borsa che teneva appoggiata sopra al sedile al suo
fianco, e lasciò che la sua risata nervosa terminasse di sfogarsi del tutto.
Poi osservò qualcosa nello specchietto retrovisore, sistemò velocemente qualche
ciuffo dei suoi capelli, e si sentì subito pronta per innestare di nuovo la
marcia e tornarsene a casa.
D’improvviso però, nonostante le fosse completamente
passata la voglia di ridere, le parve, alla signora Adele Macchi, che come non
aveva motivo di divertirsi, ugualmente non ne aveva per andarsene a casa o da
qualsiasi altra parte. Dette ancora un’occhiata a se stessa nello specchietto,
con il motore della vettura ancora in movimento: le sembrò di vedere i medesimi
occhi, il medesimo sguardo, la solita espressione di sempre, solo qualche ruga
più accentuata, qualche sintomo in più di quegli anni che procedevano
convulsamente.
Girò la chiavetta e ogni vibrazione all’interno dell’auto
scomparve. Rimase immobile nella sua posizione e in silenzio, ancora per
qualche momento, la signora Adele Macchi, poi abbassò il viso a guardarsi le
mani, le unghie curate, gli anelli che portava alle dita, il bracciale a catena
girato attorno al suo polso. Non c’era niente di diverso dal solito, eppure
tutto sembrava precipitare. D’un tratto niente pareva avere più senso, se non
quel rimanersene lì, al bordo di una strada qualsiasi, come se per procedere in
qualsiasi direzione ci fosse stata la necessità di un vero motivo che al
momento lei non trovava, o che forse non aveva mai avuto.
Attese che alcune auto le passassero vicino lungo la
strada, che certe persone forse la notassero mentre si tratteneva nella sua
utilitaria, poi nervosamente tirò la levetta di apertura dello sportello e
scese dalla vettura. Due file di alberi disegnavano il profilo di quel
tranquillo viale, ai bordi dei marciapiedi bassi muretti contornavano aiuole e
piccoli giardini davanti alle case. Faceva un po’ parte della sua vita tutto il
quartiere, anche quel lungo viale era lo stesso che percorreva ogni giorno,
però adesso c’era qualcosa nell’aria che la signora Adele Macchi non riusciva
compiutamente ad afferrare, qualcosa su cui non aveva mai riflettuto, e che
adesso era lì, davanti a lei, a mostrarle come la realtà fosse composta da
punti di vista, da opinioni diverse su ciò che spesso sembra definitivamente
assodato.
Si appoggiò alla fiancata dell’auto, la signora Adele
Macchi, e si lasciò scivolare per terra, fino a sedersi sopra l’asfalto,
indifferente a qualsiasi altra cosa. Qualcuno la notò, intervenne verso di lei,
le chiesero se stesse bene, se tutto fosse ancora sotto controllo. Sul momento
lei non rispose, poi fece cenno di si con la testa, e qualcuno delicatamente le
prese un braccio per aiutarla a rimettersi in piedi, ma lei rifiutò
quell’aiuto, mostrando di voler restare dov’era. Altri si avvicinarono,
qualcuno forse la riconobbe, e quando nessuno se lo sarebbe aspettato, lei si
lasciò andare in una profonda e sgargiante risata. Nessuno comprese il motivo
del suo atteggiamento, eppure lei sentiva di star bene così, d’improvviso
perfettamente a suo agio, che la sua dignità era più forte di qualsiasi altra
cosa, e che in fondo era questo l’elemento importante.
Bruno Magnolfi
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