C'è qualcosa dentro di me che agisce in maniera un po'
insolita. Nella mia mente i pensieri fluiscono veloci ed illogici, e spesso
hanno valore soltanto per come si snodano, per il loro concatenarsi l'un l'altro;
ma non sono né perspicaci né utili, anzi, nel giro di poco me li dimentico
tutti. Mi sveglio nel letto in un turbine di sogni leggeri del tutto
inconcepibili, e inizio subito a riflettere sulle cose più stupide:
ridisegnare nella mente la disposizione della stanza, immaginare il mio corpo
disteso prendendo come punto di osservazione il soffitto, cercare di
ricordarmi dove ho messo alcuni piccoli oggetti che non vedo più da chissà
quanti mesi.
Poi mi concentro, sulle mie mani, sui piedi, e rimanendo immobile
come mi trovo, mi sembra quasi di non avere più gli arti, di non avere più
ossa, neppure più un corpo. Mi è rimasto soltanto il cervello, sanguinolento e
pulsante, un poco schiacciato per colpa del peso, senza neppure la scatola
cranica, adagiato sopra al cuscino in una larga macchia rosata. Per quel po' di
pendenza che c’è, scivola piano sulla coperta, o forse semplicemente si muove,
come una colonia di vermi, un grumo di bachi giganti bianchicci che continuano
ad annodarsi tra loro, senza una pausa, come cercando qualcosa, forse in preda
a uno spasmo, a un delirio, provocando, nel nocciolo interno e profondo di
quel mio cervello, pensieri impossibili, immagini assurde, sensazioni che non
hanno criterio, nessuna parvenza di logica.
Sporgo lo sguardo dalla finestra e mi concentro sui sassi,
sui piccoli pezzi di carta, sui mozziconi di sigaretta schiacciati, giù sulla
strada, tra gli spigoli dei marciapiedi. Vedo le fogne, le grate di ferro
robuste che nascondono i cunicoli, le profonde raccolte di acqua melmosa, gli
scarichi putridi, dove pullulano centinaia di specie di insetti, di topi
voraci, grigiastri, ognuno identico all'altro. Sopra al davanzale della
finestra il cervello si sporge, come cercando qualcosa, e alla fine cade di
sotto, lasciando un filo bavoso che ciondola proprio attaccato allo spigolo. Un
male terribile, da tutte le parti; una botta tremenda, e tutto quanto che a
pezzi risulta scagliato lontano, nel raggio di sette o otto metri.
E allora ecco che i topi e gli insetti impazziscono,
rompono il ferro, fanno saltare le grate, e corrono a mordere, addentare con
voracità ogni piccolo pezzo, ogni verme impazzito; mangiano, strappano, facendo
piccoli rumori rivoltanti, lasciando dappertutto sottili fili di sangue, e
accanendosi sulle parti più dure, le parti callose, più bianche e compatte,
mordendo con grande rabbia, quasi con odio.
Di fronte alla strada una finestra si apre, qualcuno osserva la scena con
sguardo impassibile, senza mostrare emozioni. Poi lei, perché è lei che mi
guarda, lentamente rientra dentro alla stanza, e con gesti pacati, con mani
quasi carezzevoli, richiude la finestra, i vetri, gli scuri, tira anche le
tende, come ad interrompere il flusso tra l'interno e l'esterno, a ricomporre
la fida barriera, il giusto divario tra ciò che si vuole capire e ciò che
minimamente ci attrae, o che pur reclamando interesse, assolutamente non ne
merita nulla.
Bruno Magnolfi
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