domenica 20 maggio 2012

Recensione di un gesto.


            

            Senza alcuna fretta, lei era quasi arrivata nei pressi di casa sua, salvo accorgersi, quando aveva ormai tirato fuori le chiavi dalla sua borsa, che non aveva affatto voglia di rientrare tra le sue stanze, e che comunque, secondo il suo modo in fondo ordinario di pensare le cose, poteva anche trovare una soluzione che fosse in qualche maniera alternativa a ciò che faceva ogni giorno. Si era giusto fermata un momento a riflettere su questo, ma soltanto per rendersi conto, quasi d’istinto, che se toglieva qualche certezza dai suoi comportamenti, la casa, l’orario in cui rientrava, tutto ciò che era conseguenza diretta di questi elementi, i suoi fondamentali oscillavano paurosamente, fino a toglierle gran parte della sua identità.
            Rimase immobile soltanto per un attimo, poi si diresse, come improvvisamente attratta da qualcosa che pareva superare ogni indugio, verso la vetrina di un negozio poco lontano, cercando di immaginare una se stessa ben separata da ciò che stava effettivamente facendo, impegnata nei comportamenti abitudinari che avrebbe effettivamente dovuto svolgere in quel preciso momento, gli stessi di sempre, proprio negli attimi in cui tornava a casa dopo il lavoro, e le parve, mettendo a fuoco con sguardo leggermente distante tutta quella sua parte di esistenza trascorsa fino ad allora forse in maniera fin troppo acritica, che quei suoi modi di essere e di comportarsi le risultavano adesso quasi privi di senso.
            Non si trattava di aver maturato idee precise su ciò che intendeva proporsi, ma era come se non avesse mai pensato in maniera seria e profonda ai suoi comportamenti, tanto da sentirsi improvvisamente vuota, trasparente, una nullità, in qualche maniera, confusa in mezzo a tutti gli altri cittadini che transitavano sui marciapiedi e lungo le strade di tutto il quartiere. Tentava, senza crederci troppo, di immaginare qualcosa che riuscisse a portarla via da dove si trovava, verso qualcosa che non le fosse usuale, un luogo sconosciuto, per esempio, oppure una zona della città dove non era mai stata, e quasi seguendo un automatismo, si era già incamminata per raggiungere il luogo a cui aveva pensato.
            Avrebbe forse voluto salire su un autobus, lasciarsi trasportare fino al capolinea, ritrovarsi magari in una zona periferica qualsiasi della città, ma la sola maniera in cui riusciva ad esercitare i suoi desideri, era quella di camminare lentamente lungo quel marciapiede, senza chiedersi niente. Infine, rispondendo ad un’altra esigenza, era entrata dentro un caffè, si era seduta ad un tavolino, aveva spiegato al cameriere che aveva bisogno di un tè, parlando in modo quasi meccanico, senza neppure riflettere su ciò che desiderava davvero. Un uomo, da dietro al giornale che stava leggendo, l’aveva osservata, e nel suo spaesamento lei aveva addirittura pensato che poteva essere lui, in qualche maniera, il suo salvatore, la persona estranea che, proprio per questo, poteva avere l’obiettività sufficiente a spiegarle che cosa effettivamente stava accadendo. L’uomo aveva sorriso, anche senza manifestare una grande convinzione in ciò che cercava di farle intendere, e lei aveva detto: mi scusi, oggi è un giorno un po’ strano, mi sento confusa. Non importa, aveva subito detto quel signore guardandola; certe volte dobbiamo lasciare che le cose vadano avanti da sole, senza necessità di nient’altro, come se soltanto cedendo almeno qualche volta ai nostri capricci, si fosse capaci di essere delle vere persone.  
            Poi, aveva ripiegato il giornale, era andato verso di lei, e quell’uomo distinto, fermo, in piedi dritto davanti a lei, le aveva sorriso di nuovo, e aveva aggiunto soltanto: arrivederci, uscendo subito dopo da quel locale senza neppure voltarsi. Lei era rimasta a sorseggiare il suo tè, aveva guardato qualcosa fuori dalle vetrine, infine aveva pagato il cameriere, riprendendo con calma la strada per casa sua. Molte cose dovranno cambiare, aveva pensato, dovrò prendere a breve decisioni importanti; e infine aveva lasciato che le persone sul marciapiede l’accogliessero come una di loro, senza nessuna differenza.  

            Bruno Magnolfi

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