Non
ci sono veri e propri motivi per fare questo, penso, eppure in certi casi c’è
una spinta in una certa direzione che non può essere neutralizzata facilmente,
e che riesce a mettere in movimento un numero consistente di altre cose. Mi
guardo in giro, torno a ripiegarmi su di me, sfioro la vibrazione che prosegue
a coinvolgere tutti i miei pensieri. In fondo alla strada qualcosa si è
spostato, ne ho certezza, non gli ho dato alcuna importanza in un primo
momento, ma adesso mi sembra di non riuscire a tirare avanti senza sapere cosa
sia accaduto dietro quell’angolo, cosa ci possa essere davvero laggiù in fondo.
Mi
muovo lentamente, sento il profumo delle pietre umide, mi avvicino quasi con
circospezione, proseguo a pensare che indubbiamente dovrei andarmene, alla
svelta, non c’è nulla che richiami davvero la mia curiosità, eppure non riesco
a fare altro che avvicinarmi con apparente indifferenza, come se la mia strada
passasse proprio da lì, ma quasi casualmente. Mi fermo un attimo, rifletto: le
probabilità che possa ritrovarmi in una situazione poco piacevole sono molte,
in tutti i casi niente verrà mai a ripagarmi del rischio che corro ad
incuriosirmi di qualcosa che non mi riguarda affatto. Resto fermo, volto la
schiena, non so più nemmeno come devo comportarmi.
Poi
sento un richiamo, come un soffio d’aria fresca che mi chiede di girarmi, di
affrontare a viso aperto il mio destino, così torno a muovere in avanti ancora
un passo, con titubanza, e ancora un altro. Non c’è proprio niente in questa
strada, penso, inutile continuare ad illudersi con chissà quali fantasie:
l’unico movimento e gli unici rumori che si riesce ad avvertire sono le mie
scarpe che scricchiolano sopra questa ghiaia, e quelle nuvole bianche e sbuffeggianti
schiacciate in basso su nel cielo, quasi grigie, in un azzurro sporco che si
prepara già al tramonto.
Allontano
ogni pensiero, vado avanti, mi pare che tutta la distanza sia colmata dalla mia
curiosità, dalla tensione anche, che poco per volta si fa forte, e mi tiene
pronto per qualsiasi sorpresa. Infine mi fermo, il mio orologio da polso segna
l’ora, ed è bene lo controlli per ricordarmi in seguito qualsiasi particolare.
Il muro al bordo della strada è scuro, e a me sembra quasi di non vedere bene.
Mi appoggio, tocco con le mani quella calce vecchia e granulosa: non accadrà
niente, penso, niente di tutto quello che non avevo già previsto.
Bruno
Magnolfi
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