Ho
percorso a piedi un breve tratto di strada lungo il marciapiede deserto, poi mi
sono fermato. Le case e le basse palazzine intorno sembrano osservarmi mediante
le loro finestre, ma a me non interessa, conosco il mio percorso, non sono
certo questi i motivi per desistere e lasciare che la paura si mostri come un
ostacolo insormontabile ai miei passi. Vado avanti, lentamente, pensando con
fermezza alla direzione che sto tenendo.
Infine
incontro un uomo, mi ferma e mi chiede qualcosa in una lingua che non conosco,
ed io gli rispondo come posso, gesticolando, mostrando delle espressioni
perplesse sul viso: non so, dico, non capisco, ma l’altro insiste. Ne nasce della
confusione, quasi un piccolo alterco, poi immagino, con un guizzo di fantasia,
che quell’uomo voglia soltanto sapere che ore siano, o qualcosa del genere, così
guardo l’orologio, piego il braccio verso di lui, in modo da fargli vedere il
quadrante, e che veda bene in quale posizione sono posizionate le lancette.
Quello,
con serietà, mi prende il braccio con la sua mano forte stringendo sopra al mio
polso, guardandomi direttamente negli occhi: senor, dice in spagnolo, no esta
bien, no esta bien. Che cosa, chiedo, che cosa vuol dire, non so altro, non so
niente di ciò che lei vuol sapere.
L’altro
mi lascia, si tocca leggermente il viso con una mano, allunga un passo lontano
da me, poi, senza più neanche guardarmi, si allontana, perplesso, se ne va.
Rimango immobile, continuo per un attimo ad osservarlo mentre si allontana,
infine mi volto verso la direzione che avevo preso, ma mi accorgo soltanto dopo
pochi passi, che non c’è niente davanti a me, soltanto il vuoto, un terribile,
pauroso vuoto di cui non mi ero accorto per niente.
Bruno
Magnolfi
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