Osservo il
nulla che credo di avere attorno mentre percorro a piedi la strada circondata
da case quasi tutte uguali, che immette in poche decine di metri al piccolo vecchio
centro di questa città. Qualcuno ha osservato il mio passo lento, ma non me ne
sono dato peso, ognuno ha il diritto di incuriosirsi di ciò che vuole, penso. I
pochi negozi sono aperti ma non si vede in giro molta gente a quest’ora, quasi
che fosse la giornata sbagliata per andarsene a zonzo senza una meta, come certe
volte faccio io. Una donna seduta senza fare niente, sopra la terrazzina al
primo piano di un albergo, mi guarda per un po’, e in seguito, quando si
accorge che l’ho notata, si disinteressa di me volgendo lo sguardo da tutt’altra
parte.
Chiedo ad un
uomo che staziona li davanti se sappia chi sia quella donna che mi ha colpito,
ma lui non sa dirmi niente, oppure non vuole. Mi allontano di qualche passo, ma
quello a cui ho posto la domanda mi richiama subito a sé con un gesto, entra
con decisione dentro ad una piccola bottega lì nei pressi, e poi mi riserva
un’altra occhiata, mentre sto quasi per raggiungerlo, sparendo in fretta sul
retro dietro al banco, sottintendendo probabilmente in questa maniera che
dovrei proprio seguirlo. Così faccio, scostando la tenda sul fondo che nasconde
l’apertura, e trovandomi in un piccolo vano dove due uomini in una strana
oscurità stanno giocando a carte sopra un tavolo. Mi salutano con la mano senza
distogliere la loro attenzione dal gioco, ed io mi fermo per osservare l’uomo
di prima che adesso mi sta guardando con un certo interesse.
Quello mi dice
senza perifrasi che se io voglio, lui può portarmi subito da quella donna, non
ci vuole niente, basta che io faccia segno di si. Resto perplesso per un tempo
che lui non apprezza, poi quando infine risolvo il grumo di alcuni miei
pensieri, capisco in un lampo che lui non accetta affatto quella mia
indecisione manifesta, e cosi, ancora soltanto con un gesto del suo braccio, mi
fa cenno con serietà che devo andarmene, il tempo che mi era concesso è già
scaduto. Esco, in fondo non so neppure perché io sia entrato là dentro, mi
dico, e dal marciapiede vedo che la donna di prima è ancora sopra al terrazzino,
adesso mi sta guardando, forse sta solo cercando di capire se io abbia
accettato la transazione che immagina si sia compiuta, oppure no.
Mi fermo sotto
al sole guardandola per un momento con una certa intensità, e cerco di
sorriderle, nell’attesa di vedere quale possa essere la reazione sopra al suo
viso. Sorride a sua volta, difatti, forse non tanto perché si trovi in sintonia
con i miei modi, quanto per dimostrarmi quanto sia distante dall’idea che mi
sono fatto della sua persona, del suo starsene lì, sul terrazzino, a
frascheggiare e nient’altro.
Mi volto da
tutt’altra parte, forse potrei riprendere la mia passeggiata, penso; ma c’è
qualcosa che mi trattiene, forse sento la voglia di andare fino in fondo a
quella questione, così torno a voltarmi verso di lei, forse vorrei farle un
cenno, farle capire che apprezzo molto il suo modo di guardare le persone che
passano da quelle parti, di infondere vita e interesse in quella strada poco
significativa, ma al momento che mi volgo verso di lei mi accorgo che è
sparita, come a dimostrazione del fatto che io non faccio parte del mondo che
la sostiene, sono lontano dalle sue convinzioni, inutile tirare per le lunghe
qualcosa che non sta più neppure in piedi: devo andarmene, ecco, praticamente adesso
è indispensabile.
Bruno Magnolfi
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