La prima volta che accadde, dottore, fu molti anni fa; ero ancora un ragazzino
che non voleva studiare, mio padre era vivo, e prima dell’inizio della sua lunga
malattia mi aveva trovato un lavoro, niente di speciale: andavo ad aiutare una
signora in età un po’ avanzata al suo negozio di frutta e verdura che fino ad
allora aveva gestito da sola. Stavo lì, servivo i clienti, portavo avanti e
indietro le cassette con le patate, i pomodori, le mele, e la proprietaria
dietro alla cassa prendeva i soldi e contava i resti, non dimenticandosi mai di
trattarmi praticamente come il suo servo. Poi, un pomeriggio che mi trovavo sul
retro a sistemare qualcosa, ecco che iniziai d’improvviso a parlare con una
voce diversa dalla mia, e a dire delle cose sconclusionate, cose che neppure
pensavo.
La signora si impressionò intimandomi di starle lontana, dottore, mi
creda; mi disse anche di correre a casa, lontano da lei, ed io, con una mano
sopra la bocca, corsi da mio padre, ormai allettato, e da mia madre, senza
neppure sapere come spiegarmi con loro. Il medico di allora mi mise a riposo, mi
fece prendere dei tranquillanti per diversi giorni, ma sinceramente non accadde
più nulla, e tutto alla svelta riprese un andamento piuttosto normale, così tornai
a lavorare, ad occuparmi delle cose di sempre, anche se la signora del negozio
di frutta e verdura ormai mi guardava con un certo sospetto, come se fosse
sicura che da me non sarebbe venuto mai niente di buono. Per lei forse era quasi
una sfida: mi disprezzava, era evidente, ma questo non le impediva di avere
bisogno dei miei servizi.
Poi accadde qualcosa: all’ora di chiusura di un giorno qualsiasi la
signora mi aveva già fatto uscire dal negozio, aveva anzi detto ad alta voce e in
malo modo di andarmene, che tanto non riusciva più neppure a sopportare la mia
presenza, e lei era rimasta a sistemare qualcosa là dentro prima di serrare tutte
le porte: fu allora, dottore, che nel magazzino sul retro cadde d’improvviso
una fila di cassette piene di frutta, proprio mentre la vecchia era lì, e così
la portarono subito all’ospedale, ma lei non si rialzò, e rimase su una sedia a
rotelle. Il negozio fu chiuso e quando andai a farle visita, la signora non
disse niente, ma mi guardò come se la colpa di tutto fosse solo la mia. In quei
giorni, dottore, avevo ripreso di nuovo a parlare con una voce diversa. Questa
volta mi ero chiuso da solo dentro una stanza cercando di capire come fosse
possibile, e alla fine ero riuscito a rendermi conto che dentro di me era come ci
fosse un’altra persona. Dentro alla testa riuscivo come a sentirne i pensieri,
e poco per volta mi rendevo conto che per me era impossibile avere un minimo di
controllo su quanto accadeva.
Tramite le preghiere dei miei genitori la signora, che intanto aveva
ceduto la sua bottega, mi prese a lavorare in casa sua, visto che quasi non
poteva più muoversi, ed io andavo lì a sbrigare alcune delle faccende di cui
aveva bisogno, anche se lei mi trattava ancora peggio di quando eravamo al
negozio. Una mattina, quando entrai nella sua abitazione, alla stessa ora di
ogni giorno, la trovai lì, dottore, stecchita sulla sua sedia a rotelle, con
gli occhi e la bocca spalancati, come se avesse gridato chissà cosa fino alla
fine. Sapevo che in qualche modo la colpa era mia di quanto successo, anche se
non riuscivo a capire in quale maniera, così mi chiusi in casa soltanto con la
mia mamma, mio padre ormai era già morto, e per molto tempo non accadde più neanche
una volta che io parlassi con quella voce diversa.
Da allora sono trascorsi quasi due anni e tutto è filato via liscio,
senza che sia successo niente di nuovo. Ma negli ultimi tempi, dopo che è morto
anche il mio vecchio medico, quello con cui parlavo di tutto, e quando negli
ultimi giorni ho iniziato di nuovo a sentirmi un po’ strano, come se stesse per
accadere qualcosa, ed ho ripreso, anche se sottotono, a parlare con la voce di
quell’altro - è accaduto ormai per tre volte in due sole settimane -, mi sento
davvero preoccupato: ho paura che succeda ancora qualcosa di cui non riesco ad
avere controllo.
Il dottore lo aveva osservato in silenzio, inizialmente aveva annuito per
incoraggiarlo a spiegarsi, infine si era alzato dalla sua sedia, gli aveva
toccato una spalla, poi aveva detto: non c’è affatto bisogno che ti preoccupi
ulteriormente, adesso devi solo cercare di allontanare da te ogni pensiero
diverso da tutti i tuoi soliti: il compito che avevi da assolvere, ormai, è stato
eseguito.
Bruno Magnolfi
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