Finalmente
mi portano una sedia, dopo che mi hanno lasciato in piedi lungo il corridoio
per tutto questo tempo. Il jazz non
esiste qua dentro, ho detto a tutti, inutile insistere. A me piace il silenzio,
quando ogni oggetto intorno sta fermo, e nessuno urla o dice una cosa oppure
quell’altra. Si deve respirare piano, magari prendere anche un po’ più di fiato
ogni tanto, però con calma, senza mai farsi venire i nervi, che tanto ad
agitarsi si peggiorano soltanto le cose.
Seduto
sto meglio, mi guardo attorno, so per certo che nessuno mi vorrebbe qui, sono
uno scomodo, un fastidio quasi, ed allora riattaccano con quella lontana musica
di violini insopportabile. Non voglio sentire più niente, basta con queste
nenie sdolcinate che non servono a nulla. Dentro di me il mio strumento solista
improvvisa come sempre dei chorus di blues, saltellando sugli accordi e
svisando quasi senza alcun impegno, quasi come una funzione naturale
dell’organismo.
Suonavo
il sax, tempo fa, e la gente correva per sentire come me la sbrigavo con i
ragazzi giù al club. Bastavano due note di piano, un tocco leggero sui piatti,
ed io partivo già, avvitando le mie note attorno a delle strutture complesse ma
sempre piacevoli. Non ho bisogno di niente, dico adesso a tutti coloro che
stanno qua dentro, lasciatemi stare a ripassare quei brani, a ripercorrere poco
per volta tutti quei grappoli di note che riesco ancora a mettere assieme.
Si
capisce che è passato del tempo, che ne sono successe tante di cose, ma io in
fondo ricordo ben poco di tutto quanto, adesso mi tornano alla mente soltanto
quelle belle serate da luci basse, ed il fantastico scintillare degli strumenti
sul palco. Mi hanno portato via di forza l’ultima volta, strappandomi quasi
l’ancia di bocca, ma si sono dimenticati la musica, e quella me la sono tirata
dietro con me, nonostante i loro modi scortesi.
Ora
rimango seduto da solo, ho perso dei denti, non ce la farei più a suonare
davvero. Ma non ha alcuna importanza, certe cose sono dentro di te se davvero
le senti, e vanno avanti da sole, senza bisogno di altro. Guardo il corridoio,
qualcuno passando mi vede, nessuno mi riconosce per quel musicista che ero, ma anche
questo non ha alcuna importanza, perché io lo so che non sono affatto quel
vecchio che ora avete di fronte, perché è tutta la mia musica che ha fatto la
differenza, ed è impossibile non riconoscerlo.
Bruno
Magnolfi
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