Osservo di nuovo il
mio orologio da polso, giusto per trovare conferma del paio di minuti appena
trascorsi dall’ultima volta che sono tornato a guardarlo. Dicono alcuni che la
mia personalità sia tormentata, ed io forse di tutto questo ne ho persino una qualche
consapevolezza, anche se poi non riesco affatto a spiegarmene bene il motivo. Sono
fatto in questa maniera, ripeto, non ci sono spiegazioni ulteriori. Così, tanto
per dare un senso alle cose, mi getto a testa bassa in tutto ciò che può capitare,
senza riflettere mai troppo, come se ogni possibilità che riesce a passarmi
davanti fosse assolutamente quella per cui sono nato. Rifletto continuamente
che non potrei essere diverso, che non sarebbe possibile per me cercare un
comportamento differente da questo, perciò cerco di spingere qualsiasi cosa sempre
in avanti, proprio per cercarne il finale, forse il risultato definitivo,
qualsiasi esso sia, senza alcuna paura delle conseguenze.
Stasera fuori dal
caffè mi guardano tutti mentre offendo pesantemente questo vecchio, senza che
neppure io abbia cercato un vero motivo per farlo, visto che probabilmente è
sufficiente appena un pretesto per comportarsi così, però so per certo che qualcuno
è senz’altro d’accordo con me, ed ora è lo stesso che ride sguaiatamente qui
accanto, mentre gli altri attorno sono soltanto dei curiosi che tendono sempre
a cercare di essere sul posto quando succede qualcosa. Poi la finisco, mi sento
stufo di qualsiasi altra parola, rientro con gli altri, qualcuno di loro evidentemente
adesso mi offre anche da bere, ed in questo momento io potrei anche dire
qualche spacconata delle mie, delle frasi ad effetto per farmi ancora più
grande, qualcosa che disegni meglio e ancora di più il mio personaggio; ma mi
sento già oltre, perché in fondo mi annoio subito di cose scontate del genere.
Passa mezz’ora, e poi si fa un attimo improvviso di silenzio dentro al locale:
è tornato il vecchio, mi dicono. Continuo a bere, non sto neppure a voltarmi,
mi viene quasi da chiedere di quale vecchio adesso si parli, oppure di quale
fosse il contendere di poco prima, però sento dentro di me il tormento che mi
riprende, ed i nervi che all’improvviso si irrigidiscono.
Mi giro, lo vedo,
dentro a questo locale forse non aspettano altro, ed io immagino subito con
facilità che siano tutti dalla mia stessa parte. Così vado subito incontro a
quel vecchio, vorrei suonargliele, riprendere esattamente da dove mi ero
interrotto, ma quello mi guarda con fermezza e non cambia neppure espressione, poi
tira fuori con calma la sua rivoltella e mi spara ad un piede, anche se riesce
a ferirmi soltanto di striscio. Improvvisamente in me e fuori di me ci sono
soltanto degli urli, questo dolore fortissimo che mi stordisce, ed una
confusione pazzesca. Arrivo al pronto soccorso ancora sanguinante sopra una
barella, e rimugino le ultime parole che ho sentito prima di svenire del tutto,
quelle che dicevano sopra gli altri discorsi che tutto questo me lo sono
proprio andato a cercare, e nient’altro. Tremo, vorrei soltanto sapere adesso che
ore siano, quanto tempo è trascorso da quanto è accaduto, ed anche il tempo che
ci vorrà perché tutto ritorni esattamente com’era, anche se intanto adesso qui
non c’è proprio nessuno, se non due infermieri di spalle che parlano di una stupida
donna ammalata di cancro.
Odio gli odori, gli
strumenti, ed ogni cosa che gira qua dentro, i miei nervi adesso sono
formidabili pezzi di legno, credo che non dovrei per alcun motivo arrendermi a
questo andamento delle cose che frullano. La mia testa brucia le idee che mi
ronzano insieme ai pensieri, cerco di muovermi, anche se una fitta feroce mi
blocca. Penso che forse c’è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto
questo, cerco anche di dirlo, di ripeterlo, di assimilarne poco per volta il
significato; ma non riesco neppure a capire come sarebbe possibile correggerlo.
Bruno Magnolfi
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