Ormai sono ferma, dice lei. Spesso
guardo ogni cosa con un certo distacco, e mi pare qualche volta di essere
lontana da tutto. Proseguo a lavorare, certo, mi impegno ancora nelle mie
attività, però con fatica, perché da qualche tempo è come se avessi perso lo
slancio, se non avessi più quell'entusiasmo necessario per saltare gli ostacoli
come succedeva una volta. La collega di lavoro la guarda con intensità
sorseggiando la sua tisana, non c'è molta gente nel locale a quell’ora, ma il
leggero brusio di sottofondo pare sia sufficiente a camuffare il senso di
quelle parole pesanti e difficili. Forse vorrebbe anche farle cambiare
argomento, ma lei prosegue: non so per quale motivo succede questo, forse
dipende da me, o forse dalla solitudine in cui sono caduta.
Non devi preoccuparti, succede a
tutti, dice in fretta la collega. Piuttosto cerca di non metterti in cattiva
luce con i nostri dirigenti, perché quelli non stanno certo a guardare le cose
per il lato sottile, e per metterti da una parte a loro ci vuole ben poco. Lei
prende un sorso dalla sua tazza, guarda l’altra con curiosità, poi le chiede:
ma tu pensi che si siano resi conto che qualcosa non va nei miei comportamenti?
Passa un attimo lungo di silenzio, la collega guarda da qualche parte con finta
indifferenza, poi dice soltanto: bè, se proprio devo dirlo, a me hanno chiesto
qualcosa di te un paio di settimane fa, e naturalmente io ho spiegato subito
che per me era tutto sotto controllo, il lavoro non stava certo risentendo per
qualche tuo malumore. Ma loro non hanno risposto niente, proprio come se non mi
credessero. Altro non so.
Lo sapevo, fa lei; al nostro piano
di uffici ci vuole pochissimo perché qualcuno ti parli alle spalle, e figurarsi
se non si trova subito qualcun altro che vada immediatamente a riferirlo alla
dirigenza. In ogni caso per il momento non mi ha chiesto niente nessuno, e per
quanto ne so non ci sono state delle lamentele per la mia produzione personale.
No, fa la collega, però può darsi che tu sia stata messa sotto una lente di
ingrandimento, e che al primo errore oppure ad una mancanza tu venga subito
richiamata e forse persino trasferita al piano inferiore. Bé, fa lei, ma per
questo ci vuole un collega che trami contro di me e che abbia capito quali
siano i miei punti deboli. In ogni caso è tutto prematuro, dice la collega: tu
cerca di stare al passo con il lavoro di sempre, e vedrai che nessuno starà lì
a farti le pulci sulla tua produzione.
Va bene, fa lei, anche se adesso
non posso certo stare tranquilla, e questo va soltanto ad assommarsi a tutto il
resto che non va bene e che mi rende nervosa. Mi dispiace, dice la collega,
fosse un diverso periodo probabilmente potresti prenderti qualche giorno di
riposo, ma proprio adesso che abbiamo da fare le consegne non credo proprio sia
possibile. Lo so, dice lei, anzi ti ringrazio per avere accettato di venire qui
a parlare con me dopo l’orario, ma non saprei proprio a chi rivolgermi per
cercare un consiglio. Non preoccuparti, dice la collega mentre mangia una fetta
di dolce, soltanto non capisco proprio in quale modo posso esserti d’aiuto: da
quando è stato individualizzato il lavoro non è più possibile neppure darsi una
mano. Certo, fa lei, ci hanno sistemato per bene: ognuno per sé e attenti a
quelli che ti mettono in cattiva luce. Tanto più che adesso non si sa più neanche
chi sia a spargere le voci di corridoio.
Già, fa la collega; ma tu non
avevi una sorella che abitava poco lontano da te? Si, dice lei, ma tra me e lei
c’è sempre stato un rapporto piuttosto difficile, e poi non può certo
comprendere il clima che si respira in un posto di lavoro come il nostro.
Questo è vero, dice la collega: certe volte mi sembra persino impossibile che
si riesca a sopportare le difficoltà che si trovano ogni giorno nei nostri
uffici; in alcuni momenti penso addirittura che farei qualsiasi cosa pur di non
avere sempre addosso gli occhi puntati dei nostri capi.
Bruno Magnolfi