Troppi problemi, fa
lui, sorridendo con ambiguità. Lei lo guarda un momento, riprende a muoversi
dentro la stanza come per occuparsi di qualcosa che le tenga impegnate le mani,
ma alla fine decide di spostare appena un soprammobile, come sperando di dare a
quel grosso posacenere una migliore collocazione. Sto ancora aspettando, gli fa;
sono in attesa che tu dica qualcosa di più chiaro, spiega lei alla fine senza
neanche guardarlo, ferma di fianco come fosse davvero in attesa di una
spiegazione migliore e più esauriente. Lui allora si alza dalla poltrona, forse
vorrebbe semplicemente accendere la televisione e dar termine a quel dialogo per
suo parere forse privo di senso e prospettive, ma invece si trattiene, pensa
solo a quando avrà finalmente superato quell'ostacolo dei chiarimenti chiesti
da lei, ed una volta spiegatole ciò che in sostanza lei probabilmente vorrebbe
sentirsi dire, magari dilatando e ingigantendo un po’ le proprie parole, pensa
che la faccenda sarà subito a posto, ben sistemata. Insomma, sbotta al
contrario, con un'espressione adesso inequivocabile: sto quasi soffocando sotto
ai tuoi modi sempre più possessivi, che non lasciano mai aria per respirare. Va
a chiudere la frase con enfasi calante, quasi ascoltasse per la prima volta
quelle parole lui stesso, e forse ne comprendesse il significato esatto
soltanto in quel preciso momento. Lei adesso resta immobile e lo guarda: la sua
espressione è quasi una reazione di sfida, ma anche di sorpresa; forse non si sarebbe
mai aspettata un giudizio del genere, e in ogni caso ritiene quelle parole
assolutamente inadatte a descrivere le maniere e i comportamenti che ha sempre usato
di norma nei suoi confronti.
Forse vorresti da
me un atteggiamento più indifferente, fa lei alla fine con voce sprezzante ed una
sottile dose di ironia. Lui comprende subito di avere esagerato, perciò sarebbe
quasi tentato di spostare magari l'attenzione su altri argomenti, o forse
smorzare il senso delle proprie parole con un atteggiamento improvvisamente del
tutto mansueto ed intimista, ma alla fine riesce soltanto a rimanere in
silenzio, confermando e dando ancora più valore, pur non volendo mostrare ripensamenti,
a ciò che ha appena finito di spiegare. Lei torna a spostare di nuovo quello
stesso soprammobile, una grossa e pesante ciotola di vetro dai colori
screziati, voltandola di mezzo giro e mettendone così in bella mostra la parte che
fino adesso era rimasta nascosta. Lui si sente improvvisamente nervoso,
vorrebbe quasi dire qualcosa di più e di diverso, anche se è evidente come i
secondi e i minuti che trascorrono quasi per inerzia, gli lasciano desiderare
sempre di più che sia proprio lei a rompere quel silenzio pesante.
Lei invece va verso
il tavolo, si siede, guarda qualcosa senza importanza. Lui sa che in casi come
questo potrebbe persino mettersi a piangere, anche se in fondo in tutti quegli
anni non è capitato quasi mai, ma riflettendo per bene pensa adesso che sarebbe
quasi la soluzione migliore per trovare la possibilità di chiederle scusa e
sistemare al meglio le cose. Va bene, dice lei invece alla fine, e con ciò si
alza ed esce da quella stanza. Lui attende qualche momento, poi accende la
televisione abbassandone subito l’audio fino al minimo, ed infine si accosta
con le spalle alla finestra mentre fa scorrere con il telecomando diversi
canali.
Lei torna, sembra
non abbia assolutamente niente da replicare e la sua espressione appare adesso
quasi distaccata, come avesse già digerito il giudizio di lui, e stesse solo
cercando la maniera per andare oltre. Si accende una sigaretta, gira per la
stanza senza mai guardarlo, e lascia che quel silenzio smorzato soltanto dal leggero
sottofondo televisivo si spanda in aria esattamente come il fumo dalla sua
bocca. Poi si avvicina al posacenere, scuote all’interno la sua sigaretta e
infine la schiaccia con un gesto deciso, prendendo a quel punto con ambedue le
mani quel soprammobile e scaraventandolo a terra. Qualcosa si rompe, certe
volte, dice poi con grande fermezza.
Bruno Magnolfi
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