Non sto bene, dice lui senza guardare in faccia nessuno. Si muove con lentezza,
si siede con calma, come potesse cadere da un attimo all'altro, e poi ha sulla
faccia un’espressione assente, quasi non avesse più alcun interesse a stare lì,
se non riposarsi. Qualcuno tra i molti presenti, seduto vicino al biliardo dove
va avanti tiro su tiro una sfida a due, gli dice scherzando, ma solo a metà, di
andarsene a casa, eppure lui non gli dà alcuna importanza, ignora quei
suggerimenti, e si lascia andare come gli altri ad osservare le biglie che
corrono da una sponda all’altra sopra al panno verde.
In due o tre ridono mentre il gioco va avanti, altri ignorano la sua
presenza, lui si piega su un fianco, forse potrebbe anche cadere, ma invece
riesce, anche se con fatica, a tirarsi su, come se i suoi malesseri fossero
soltanto momentanei. Infine si alza, qualcuno scansa leggermente i piedi per
farlo passare, lui riesce ad arrivare fino alla soglia della sala, ed infine si
affloscia a terra, come uno straccio privo del tutto di ossatura. Lo soccorrono,
naturalmente, così lui si rialza, dice di stare bene e così torna a sedersi,
anche se il gioco però è stato interrotto, e tutti gli chiedono a questo punto
che cosa abbia voglia di fare, anche se lui sostiene subito che si sta
riprendendo, e che gli bastano soltanto pochi minuti per sentirsi
perfettamente.
Lo conoscono tutti là dentro, è uno di loro, forse soltanto uno tra quelli
che non parlano mai, che non si concedono alle discussioni o agli scherzi, e
forse nasconde qualcosa di sé, qualcosa che non si può certo chiedere, magari
un segreto, oppure soltanto una forma del suo carattere venuta così, senza
saperne meglio il motivo. Qualcuno si offre di accompagnarlo a casa con la sua
automobile, e lui per un po’ si schernisce, infine accetta, quasi si fosse reso
conto che non può fare altrimenti.
Fuori l'aria è un po’ fresca, lui si ferma sul marciapiede, guarda il cielo
di questa serata, infine dice soltanto: è tutto immobile. L'altro lo guarda,
forse vorrebbe anche annuire, ma non sa bene a che cosa si sia riferito, quindi
resta in silenzio. Accanto c’è proprio la macchina che stanno cercando, lui si
apre lo sportello con attenzione e poi sale, con calma, sistemandosi comodo
senza mai dire niente.
L’altro avvia il motore, innesta la marcia, la vettura si muove, percorrono
un tratto di strada, ma poi, alla prima curva, lui chiede di accostare e di
fermarsi un momento. Intorno adesso non c’è più nessuno, lui scende, si
appoggia alla carrozzeria e si guarda dintorno, come non avesse mai visto
quello scorcio di case del suo paese. L’altro lo scruta, forse si rimprovera di
essere stato anche troppo generoso, ma adesso non vuole mostrare che proverebbe
un interesse maggiore per assistere a quella partita in corso sopra al
biliardo, piuttosto che seguire gli stiramenti e le sofferenze di questa sua
vecchia conoscenza.
Siamo amici, gli dice lui quasi leggendogli dentro il pensiero. Anche se forse non ha più molta importanza
questa parola, visto che ognuno di noi scambia con gli altri soltanto ciò che
lo impegna di meno. L'altro non trova niente da dire, forse vorrebbe far
comprendere a lui che adesso deve soltanto andarsene a casa, viste le sue
condizioni, ma resta in silenzio, come non trovasse errori in quel suo
pensiero. Poi risalgono sopra la macchina, arrivano davanti al portone dove lui
abita, l’auto si ferma, lui apre lo sportello per scendere. Sono arrivato, gli
dice per salutarlo; forse domani tornerò ancora per vedere qualche bella sfida
al biliardo, dice in fretta come
minacciando di farlo davvero; spero soltanto che qualcuno non trovi qualcosa da ridire, e
che la mia presenza non sia soltanto un fastidio.
Bruno Magnolfi
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