Domani dovremo fare per
forza degli acquisti, dice nervosamente ma sottovoce la signora Marisa
Carraresi; nel frigorifero ormai non c'è quasi più niente da mangiare. La
figlia prosegue con indifferenza a sparecchiare la tavola presso la quale le
due donne hanno appena finito di cenare, evitando di guardarla e sistemando
piatti posate e pentole dentro la lavastoviglie aperta. Va bene, risponde lei
senza smettere un attimo di occuparsi in quella sua ordinaria attività: posso
passare dal negozio di Cesare, appena chiusa la merceria per la pausa del
pranzo, preparami intanto una lista delle cose da acquistare, per favore.
Marisa toglie intanto la
tovaglia, la scuote e quindi la piega per riporla dentro uno dei cassetti del
mobile, poi rallentando i suoi movimenti mostra una specie d’inquietudine. Forse mi piacerebbe stare più tranquilla,
dice quasi dando voce ai suoi pensieri; non perché non ce ne siano i
presupposti, quanto perché provo costantemente dentro di me un indefinibile senso
di precario, come un bisogno di arrivare da qualche parte che non so neppure io
dove sia, né perché dovrei mai andare verso quel luogo. Adesso non so neppure spiegare
il motivo per cui ti dico queste cose, prosegue, e forse alla fine sto soltanto
invecchiando, come è giusto che sia.
No, dice Clara; queste cose mi
paiono al contrario delle riflessioni importanti, che non c’entrano per niente
con l’età, qualcosa che evidentemente mette subito in gioco anche il mio ruolo,
almeno quello che tu credi dovrei rivestire come compito principale in questa
casa e nei tuoi confronti. Probabilmente senti come tuo il processo che ultimamente
mi sono accollata, e forse ti sembra che le cose che sto tentando di fare siano
addirittura superiori alle mie forze, ed in questo sentirti quasi sicura della
mia debolezza, vai indagando dentro di te quali possono essere le componenti
del tuo modo di essere che generandomi sei riuscita a trasmettermi, magari anche
durante questa frequentazione a volte esasperante tra di noi, da quando papà
non c’è più.
Mi dispiace alterare così la tua
sensibilità, risponde la signora Carraresi mentre prende la scopa per spazzare
il pavimento della cucina. Però le sensazioni vanno sempre oltre ciò che noi si
vorrebbe, per cui indipendentemente dalla mia volontà si sta manifestando
qualcosa capace di farmi sentire non propriamente tranquilla, tutto qua. In
fondo tu ormai sei una donna con un futuro avviato, e con una personalità che
probabilmente riuscirebbe a tener testa a molte delle difficoltà che
sfortunatamente potresti incontrare, e poi, alla fine, sarà la tua vita a
decidere.
Non mi sembra così, dice Clara; conosco
il mio lavoro e prendermi adesso delle responsabilità aggiuntive per quanto
riguarda il negozio non mi spaventa. Nel tuo preoccuparti invece, c’è qualcosa fondamentalmente
di egoistico da parte tua, qualcosa che mostra il bivio di fronte a cui probabilmente
ti senti in questo momento: farti carico di una parte dei miei problemi come
fossero tuoi, oppure abbandonare completamente il pensiero di me, lasciando che
io prosegua nelle mie cose senza interessartene minimamente. Capisco il tuo
punto di vista, anche pur definito da un vago malessere, come dici tu, in ogni
caso non riesco a capire il motivo per sottrarmi un sostegno di cui adesso sento
avrei davvero tutta la necessità.
Non so, risponde la mamma, forse non
riesco a sentirmi propriamente dalla tua parte, forse le differenze tra i
nostri caratteri hanno segnato un discrimine in tutti questi anni che per me
sembra ormai qualcosa di insormontabile. Però non devi mai credere che manchi
il mio sostegno a qualsiasi cosa deciderai del tuo futuro. Sono tua mamma, alla
fine, e voglio dimostrarti fino a che punto so esserlo, anche se tu forse continuerai
come sempre hai fatto nel tenermi a distanza.
Bruno Magnolfi