Domenica scorsa mi sono
alzata presto, d’altronde come faccio quasi ogni mattina. Ancora in
vestaglia ho girato per la casa silenziosa, ho controllato subito che la
caldaia del riscaldamento funzionasse ancora a dovere, che il vento durante la
notte non avesse strappato come a volte è successo le protezioni alle piante del mio giardino, che la
lavastoviglie azionata la sera prima per caso non avesse fatto dei capricci. In
mancanza di un uomo in questa casa mi devo fare carico di tutto, è oltremodo
evidente. Poi in fretta mi sono vestita, ho ascoltato qualche notizia usuale
alla radio, ed infine, considerato che Clara probabilmente stava ancora dormendo dentro la sua camera, con indosso
soltanto una giacca di lana pesante e stringendo le braccia per ripararmi un po’
dal freddo, mi sono spinta fuori per un attimo
fino quasi alla staccionata di separazione dei nostri giardini, giusto per dare il buongiorno al mio vicino di casa se magari
fosse stato lì. Le cose non vanno più tanto bene con lui, ma non vorrei avere
tutta la colpa di questa battuta
di arresto tra di noi; il mio vicino, in due o
tre occasioni, pur ridendo per togliere in
qualche modo importanza alla faccenda, ha
sottolineato un carattere forse troppo brusco di alcune mie espressioni, e
proprio per questo ho deciso in questi giorni di
stare leggermente più alla larga da lui, anche
se ne sono piuttosto dispiaciuta. D'altronde
gli uomini si sono spesso comportati così nei miei confronti, e dopo un primo
periodo di entusiasmo mi hanno sempre cercato qua e là dei difetti da
evidenziare.
Quando
poi sono
rientrata in casa, mia figlia stava seduta in
solitudine al tavolo della cucina, impegnata
nella prima colazione. Ci siamo salutate. Mi
sembri contenta, le ho detto, forse per ascoltare che cosa mai potrebbe aver
risposto. Lei mi ha guardato, ha riflettuto un momento, e poi: nel
pomeriggio esco con un amico, mi ha detto, con estrema semplicità. Sono rimasta
perplessa, non era mai stata così diretta con me, tanto da farmi dimenticare
per un attimo di chiederle chi fosse quell'amico. Si chiama Tommaso, ha detto
lei interpretando velocemente i miei desideri, poi si è alzata, ha sistemato il
tavolo e le stoviglie, ed è uscita dalla stanza. Non capisco quando abbia
trovato il tempo di farsi delle nuove amicizie, mi chiedo, visto quanto sembra costantemente
impegnata nel negozio di merceria di cui sta prendendo la gestione, ma la sua
età ormai è quella giusta per portarla a guardarsi bene attorno.
Fino
ad oggi non sono mai stata gelosa di lei; non me ne ha mai data l’occasione, è
quasi meglio dire, però adesso sento che nella sua voce e nei suoi
atteggiamenti c’è qualcosa che fino a poco fa non si mostrava. Non voglio
indagare né farle delle domande, lei sa che non fa parte del mio modo di fare,
però tutto questo apre uno scenario che non avevo mai considerato, e che
improvvisamente mette in discussione molte cose. Poi è ricomparsa nel soggiorno
ben vestita e pettinata: esco per un’ora, mi ha detto facendo tintinnare in
mano le chiavi della macchina, ed io le ho risposto, senza dare alcuna
importanza alla cosa, che l’avrei attesa per il pranzo. Lei è uscita, ed io
improvvisamente ho sentito cadere su di me una solitudine che non avevo quasi
mai provato, forse neppure quando se n’è andato mio marito. Infine mi sono
seduta: devo riflettere, ho detto a voce alta; poi ho preso un libro e mi sono
messa a leggere.
Bruno
Magnolfi
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