Lui
stamani ha indossato con calma una camicia pulita e stirata, e poi sopra una delle
sue divise estive che sono in uso ormai da parecchie settimane perché fa già un
caldo estenuante; quindi ha preso la borsa con dentro alcuni documenti, la sua pistola
di ordinanza, il cappello, ed alla fine è uscito, come ogni mattina, o almeno come
tutte quelle mattine in cui rispetta questo turno di attività. Si sente fiero
del suo grado e della livrea impeccabile, e quando esce da casa e si guarda
attorno nel gusto frizzante dell’aria di un nuovo giorno che si avvia ad
iniziare, gli piace molto anche incontrare subito qualcuno tra i suoi vicini oppure
tra i negozianti della zona dove abita, il giornalaio, o la tabaccaia, ad
esempio, persone che conosce e che lo guardano sempre sorridendo augurandogli
il buongiorno mentre si avvia ai suoi impegni quotidiani; spesso gli sembra
addirittura che dipenda proprio da quel semplice segnale lanciato dai
conoscenti tutto il buon esito della sua giornata. Sa che in caserma
l’appuntato già lo aspetta per uscire fuori con la macchina di servizio, il
solito giro di ricognizione, poi probabilmente andranno a fermarsi dalle parti
dell’incrocio con la strada statale, per fermare qualche auto e tastare il
polso alla situazione, per redigere insieme a fine mattinata un rapporto ben circostanziato
su tutto ciò che riusciranno a constatare circa i comportamenti della
popolazione riguardo al rispetto delle nuove normative di governo.
“Buongiorno
maresciallo”, dice uno dei giovani carabinieri di fresca nomina distaccati in
quella piccola sede di paese. Lui risponde come sempre sottovoce, con il suo
fare sornione, di chi la sa lunga sulla maniera di dirigere al meglio una
stazione come la sua, dove ad operare sono sempre in pochi, e qualche volta
assolutamente insufficienti ad affrontare certe casistiche complesse come
questa della trasmissione virale tra i cittadini del loro territorio. “Oggi ci
segnalano altri due nuovi casi dal comando di compagnia”, dice con profonda
serietà chi ha trascorso il turno precedente a decifrare le notizie e a raccogliere
le informazioni che giungono in caserma. “Va bene”, dice lui mentre aziona la
macchinetta a cialde per farsi una tazza di caffè; “hai già trascritto tutti i
dettagli immagino: lasciali sopra la mia scrivania, così li consulto prima di
uscire”.
L’appuntato
in quel momento è appena rientrato dalla rimessa da dove ha già tirato fuori la
loro macchina di servizio, salito i tre gradini all’interno della robusta
recinzione che circonda la palazzina, ed entrato dentro gli uffici con un fare
vagamente agitato. “Buongiorno maresciallo”, dice togliendosi in fretta dalla
testa il suo cappello. “Forse ha già visto la brutta novità del giorno”. Lui lo
guarda, si ferma un attimo perplesso con la tazza del caffè sorretta da una mano,
mentre con l’altra fa il gesto come per incoraggiare subito ciò che c’è di così
urgente da apprendere. “La moglie del sindaco”, fa l’altro; “portata via
d’urgenza già in gravi condizioni”. Lui si siede lentamente alla sua scrivania,
si sente perplesso, quasi costernato, poi prende con gesto misurato il telefono
portatile e chiama immediatamente il sindaco, che però non gli risponde. Sicuramente
ha cose estremamente importanti adesso che gli girano rapide dentro la mente,
riflette. Ma dopo un attimo il sindaco lo richiama: “sono in ospedale
maresciallo, non so che dirle”.
“Lo
so”, dice lui con estrema calma; “volevo soltanto farle presente che noi tutti
siamo a disposizione per qualsiasi cosa di cui abbia bisogno”. Il sindaco lo
ringrazia, non è certo il momento per chiamarsi per nome come in genere fanno,
o per darsi del tu in modo amichevole come sempre succede nel corso dei mesi.
Qualcosa di più importante adesso mette in fila le cose, e le lascia misurare
con un metro fondante, essenziale, quasi alla base di qualsiasi espressione si
cerchi dentro la testa. “Mi sento smarrito”, aggiunge soltanto il sindaco in
questo momento; e dopo riattacca. “Appuntato”, dice il maresciallo alzando la
faccia dalla scrivania; “abbiamo un dovere da compiere adesso, e niente potrà
esimerci dal portarlo avanti, neppure oggi”.
Bruno
Magnolfi