La mia ferita
continua a sanguinare adesso, ed io non posso farci niente. Forse non avrei mai
dovuto entrare in quel locale, perché potevo immaginare chi fossero i
frequentatori di quel posto, e poi anche lasciarmi provocare in quella maniera
avrebbe dovuto soltanto farmi sorridere, senza alcuna altra reazione; però non
sono riuscito proprio a trattenermi, e quando quello che rimaneva lì davanti a
me ha detto a voce alta che avrei dovuto soltanto tornarmene velocemente a casa
mia, mi è sembrato di provare quasi un senso di soffocamento, come se tutte le
cose brutte che mi sono state dette in questi trent’anni anni della mia vita,
si raddensassero insieme, e gridassero dentro di me che non era giusto essere
trattato in questo modo. Sono stato adottato quando non avevo neppure l’età per
comprendere che cosa significasse, e per me avere qualcosa di diverso dagli
altri non è mai stato un problema. Ed invece, qualcuno a turno, fin dal periodo
della scuola, si è sempre preso la briga di ricordarmi quali erano le
differenze che contavano, e di sorridere della mia presunta inferiorità.
Ho sfoderato le mani
nude, mi sono difeso per quanto ho potuto, ho picchiato a casaccio davanti a
me, senza neanche guardare, ad occhi chiusi praticamente, ed ho sentito le
nocche rigide di chi mi stava scazzottando, forse neanche da solo, ma aiutato
dai propri amici, quelli che sono subito accorsi a dargli appoggio. Mi sono
accasciato quando ho provato una fitta dolorosa al braccio, e mi sono subito reso
conto che doveva essere spuntato un coltello o qualcosa di quel genere per
farmi uscire il sangue. Sangue rosso, caldo, uguale identico a quello che
circola dentro a tutti gli altri, ho pensato, persino quelli che in quel
momento mi stavano davanti e che in un attimo però si sono dileguati, subito
dopo avermi spinto fuori dal locale e lasciato a soffrire sopra al marciapiede.
Mi sono rialzato, ho messo un fazzoletto sopra la ferita, poi sono arrivato in
questi giardinetti dove sotto ad una fontanella mi sono sciacquato la ferita,
fortunatamente poco profonda.
Provo un dolore forte
adesso, sia per il taglio nel muscolo del braccio, che per la maniera come mi è
stato procurato: vigliaccamente, quasi con indifferenza, nel tentativo evidente
di imprimermi un danno irreparabile, o qualcosa comunque di difficile da
dimenticare; ma io dimenticherò, o meglio non denuncerò nessuno, non andrò
neppure a farmi medicare, considerato che i sanitari mi porrebbero
immediatamente delle domande, informando obbligatoriamente le autorità, e così sarei
costretto a dar seguito a luoghi e contesti in cui si sono svolti tutti i fatti.
Invece terrò tutto per me, è questa la maniera migliore per superare la voglia
di vendetta che mi potrebbe prendere se solo mi lasciassi andare a dei pensieri
bassi. Non importa penso, il sangue smetterà di uscire, tra poco riprenderò a
respirare lentamente, con la calma necessaria, e sarò capace di ritrovare la
serenità che mi ha sempre contraddistinto. Non ci sarà alcun seguito, perché non
provo adesso nessuna voglia di ritrovarmi di nuovo davanti a quei tizi del
locale; non per paura, non per evitare dei nuovi guai per me, quanto perché le
loro facce sono proprio quelle di chiunque, perché chiunque poteva essere al
posto di colui che mi ha ferito deliberatamente.
Devo stare più attento,
da ora in avanti, tutto qua, e prestare più accortezza, evitando il più
possibile certe persone, imparando a frequentare soltanto quegli individui che
mostrano di avere la testa per apprezzare gli altri da cui sono circondati,
indipendentemente dalle origini che hanno o dalla storia di vita che portano
dentro, perché credo proprio che la violenza porti soltanto altra violenza, e
soltanto interrompendo questo corto circuito si possa sperare di essere
migliori. Anche se non potrò dimenticare mai ciò che mi è stato fatto oggi.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento