“Mi devono aiutare”,
dice oggi con enfasi il proprietario della piccola gelateria sul mare ai suoi
pochi clienti di adesso, negli scarsi momenti in cui qualcuno si fa vedere
dentro al suo locale, naturalmente uno per volta. Tutti loro lo ascoltano e annuiscono
con semplicità, e dicono che ha perfettamente ragione, ma dopo se ne vanno,
indifferenti ai guai economici che girano attorno a quel suo storico esercizio.
Settimane di chiusura senza avere il minimo appoggio, neanche morale, pensa lui
nelle pause. “Mi hanno lasciato solo”, dice certe volte in questi giorni a chi
ha voglia di ascoltarlo, e sono sempre di meno. Perché anche lamentarsi non è
mai una bella cosa: la clientela sfugge volentieri a chi se la passa poco bene,
ed ascoltare sempre i soliti discorsi quando si sta cercando un po’ di svago e
leggerezza, non è certo piacevole. Tutti lo sanno che il momento risulta oltremodo
difficile, e che si devono fare molti sacrifici. Ci vorrà del tempo per tornare
quelli che eravamo, dice qualcuno; però non si può scaricare le proprie preoccupazioni
sul primo che ti passa sotto al naso, questo è quello che pensano quasi tutti
coloro che lo conoscono di più.
Ha piazzato due o tre
tavolini fuori dalla piccola vetrina, sul marciapiede, ma nessuno in questi
giorni sembra abbia davvero voglia di sedersi in quello spazio angusto, e
quando qualcuno invece entra dentro al suo locale, finisce per prendersi appena
un piccolo cono gelato, e dopo se ne va. Non sono più quei momenti in cui c’era
la fila fuori in certe giornate di primavera o durante i primi caldi avanti
l’estate. Lui aveva anche due aiutanti che stavano dietro al banco frigo per
servire, ed una ragazza sul retro a preparare continuamente con le macchine i
contenitori, pieni dei vari gusti maggiormente richiesti: le cose andavano
bene, a lui non rimaneva altro che starsene alla cassa, fare dei saluti e
sorridere ai clienti, mettendosi in tasca un bel po’ di soldi tutti i giorni.
Ha telefonato innumerevoli volte alle autorità per spiegare che adesso non riesce
a farcela da solo se non viene aiutato, ma gli hanno fatto qualche blanda
promessa e dopo basta, come per fargli capire che deve semplicemente inventarsi
qualcosa per conto proprio se vuole rimanere in piedi.
“Le spese vive sono
rimaste tutte”, dice ad una donna che ha notato altre volte fermarsi lì da lui,
e lei lo guarda, comprende perfettamente quale sia il problema: dopo mesi di
chiusura, adesso era il momento di tirare il fiato, ma alla gente non va più di
spendere, e da quel lungomare non passa quasi più nessuno. “Capisce il mio
problema”, fa lui insistendo; e lei lo guarda ancora per un attimo con una piccola
coppetta di crema e cioccolato in mano, tanto che le viene quasi voglia di
lasciargli una mancia sul bancone, ma poi va via semplicemente pagando quello
che è previsto, per non offenderlo, e non per altro. Lui adesso prepara
soltanto le varietà di base del gelato, quelle più tradizionali, senza proporre
sapori ricercati come in altri tempi. Ma in una giornata intera di lavoro in
cui fa tutto da solo, riesce a mettere in cassa appena quello che gli serve per
pagare l’affitto e le materie prime che ci vogliono per i suoi prodotti.
“Mi sento disperato”,
dice ad uno che passa da lì con la sua bicicletta, fermandosi soltanto per
fargli un saluto. “Non ho neppure la licenza per tenere fuori i tavolini e le
sedie, non ho mai avuto bisogno di fare del richiamo davanti al mio locale; ed
invece adesso se passa un vigile in divisa, per il suolo pubblico potrebbe
farmi una multa che non posso neanche pagare”. L’altro scuote il capo, poi
riprende a pedalare, lasciandolo lì coi suoi pensieri. Questa è la vera
depressione economica, pensa adesso lui rimasto solo. Quando d’improvviso ciò
su cui contavi crolla, ed anche se hai ancora voglia di tirarti su le maniche e
darti da fare per resistere, scopri che non è possibile, nessuno ti fa credito,
e che le cose per te hanno girato proprio male: devi soltanto rassegnarti.
Bruno Magnolfi
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